lunedì 30 dicembre 2024

Umberto Galimberti sul "tradimento"


Se il tradimento non è solo un esercizio di sessualità a bassa definizione, io penso che abbia una sua dignità e soprattutto che non debba essere giudicato da figli adulti che, nel condannarlo, pensano di più alla loro quiete perduta che al percorso anche drammatico in cui chiunque di noi, a un certo punto della sua vita, può venirsi a trovare. Tradire un amore, tradire un amico, tradire un'idea, tradire un partito, tradire persino la patria significa infatti svincolarsi da un'appartenenza e creare uno spazio di identità non protetta da alcun rapporto fiduciario, e quindi in un certo senso più autentica e vera. Nasciamo infatti nella fiducia che qualcuno ci nutra e ci ami, ma possiamo crescere e diventare noi stessi solo se usciamo da questa fiducia, se non ne restiamo prigionieri, se a coloro che per primi ci hanno amato e a tutti quelli che dopo di loro sono venuti, un giorno sappiamo dire: "Non sono come tu mi vuoi". C'è infatti in ogni amore, da quello dei genitori, dei mariti, delle mogli, degli amici, degli amanti a quello delle idee e delle cause che abbiamo sposato, una forma di possesso che arresta la nostra crescita e costringe la nostra identità a costituirsi solo all'interno di quel recinto che è la fedeltà che non dobbiamo tradire. Ma in ogni fedeltà che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c'è troppa infanzia, troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze, troppa incapacità di amare se appena si annuncia un profilo d'ombra. Eppure senza questo profilo d'ombra, quella che puerilmente chiamano "fedeltà" è l'incapacità di abbandonare lidi protetti, di uscire a briglia sciolta e a proprio rischio verso le regioni sconosciute della vita che si offrono solo a quanti sanno dire per davvero "addio". E in ogni addio c'è lo stigma del tradimento e insieme dell'emancipazione. C'è il lato oscuro della fedeltà che però è anche ciò che le conferisce il suo significato e che la rende possibile. Fedeltà e tradimento devono infatti l'una all'altro la densità del loro essere che emancipa non solo il traditore ma anche il tradito, risvegliando l'un l'altro dal loro sonno e dalla loro pigrizia emancipativa impropriamente scambiata per "amore". Gioco di prestigio di parole per confondere le carte e barare al gioco della vita. Il traditore di solito queste cose le sa, meno il tradito che, quando non si rifugia nella vendetta, nel cinismo, nella negazione o nella scelta paranoide, finisce per consegnarsi a quel tradimento di sé che è la svalutazione di se stesso per non essere più amato dall'altro, senza così accorgersi che allora, nel tempo della fedeltà, la sua identità era solo un dono dell'altro. Tradendolo l'altro lo consegna a se stesso, e niente impedisce di dire a tutti coloro che si sentono traditi che forse un giorno hanno scelto chi li avrebbe traditi per poter incontrare se stessi, come un giorno Gesù scelse Giuda per incontrare il suo destino. Sembra infatti che la legge della vita sia scritta più nel segno del tradimento che in quello della fedeltà, forse perché la vita preferisce di più chi ha incontrato se stesso e sa chi davvero è, rispetto a chi ha evitato di farlo per stare rannicchiato in un'area protetta dove il camuffamento dei nomi fa chiamare fedeltà e amore quello che in realtà è insicurezza o addirittura rifiuto di sapere chi davvero si è, per il terrore di incontrare se stessi, un giorno almeno, prima di morire, con il rischio di non essere mai davvero nati.

Umberto Galimberti

domenica 29 dicembre 2024

Eugenio Borgna sulla fragilità...

Nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi."

Eugenio Borgna

una risposta di Alda Merini

 Una volta mi hanno chiesto quale fosse il dolore più grande che avessi mai sopportato.

“Quello dell’anima” ho risposto.

È il dolore che nessuno vede, che nessuno comprende, quello che spesso non ti credono. È il dolore che molti giudicano come esagerato, quello per cui non esiste una cura. Ti consuma dall’interno, ma ti lascia in vita, costringendoti a continuare a soffrire. Una volta che l’anima è ferita, il dolore non se ne va mai del tutto: rimane lì, latente, pronto a riaffiorare. E anche se il tempo passa e credi di essere guarito, basta un semplice ricordo per riaprire quella ferita e farla sanguinare di nuovo.

-Alda Merini-

venerdì 27 dicembre 2024

Un pensiero poetico di Enrico Avveduto


Abbiamo bisogno 

di voci impregnate di Silenzio, 

voci miti ma teneramente robuste, 

voci forti ma non violente, 

voci che non seducono 

la mente ma il cuore. 

Abbiamo bisogno di Vebo, 

appena nato, appena espirato,  

appena sussurato 

dalle labbra dell'eterno.

Una poesia di Borges: "Con cosa posso trattenerti?"

 


Con cosa posso trattenerti?

Ti offro strade difficili,

tramonti disperati

la luna di squallide periferie.

Ti offro le amarezze di un uomo

che ha guardato a lungo la triste luna.

Ti offro i miei antenati,

i miei morti,

i fantasmi a cui i viventi hanno reso onore col marmo:

il padre di mio padre ucciso sulla frontiera

di Buenos Aires

due pallottole attraverso i suoi polmoni,

barbuto e morto,

avvolto dai soldati nella pelle di una mucca

il nonno di mia madre - appena ventiquattrenne -

a capo di trecento uomini in Perù,

ora fantasmi su cavalli svaniti.

Ti offro qualsiasi intuizione sia nei miei libri,

qualsiasi virilità o vita umana.

Ti offro la lealtà di un uomo

che non è mai stato leale.

Ti offro quel nocciolo di me stesso

che ho conservato, in qualche

modo - il centro del cuore che

non tratta con le parole, nè coi

sogni e non è toccato dal tempo,

dalla gioia, dalle avversità.

Ti offro il ricordo di una

rosa gialla al tramonto,

anni prima che tu nascessi.

Ti offro spiegazioni di te stessa,

teorie su di te, autentiche e

sorprendenti notizie di te.

Ti posso dare la mia tristezza,

la mia oscurità, la fame del mio cuore

cerco di corromperti con l'incertezza,

il pericolo, la sconfitta.


JORGE LOUIS BORGES

Un pensiero sul Natale, di Epicoco


Tutta la speranza cristiana inizia da un bambino. Non è una scelta qualunque. Non ci si può accostare a un bambino se non assumendo una postura diversa da quella che normalmente usiamo nella giungla del mondo. E' la postura di chi si abbassa per poter prendere in braccio questo bambino. E' la postura di chi deve muoversi con cura senza violenza o superficialità. E' la postura di chi si lascia illuminare il volto da qualcosa di così tremendamente fragile e allo stesso tempo di così tremendamente bello. La speranza cristiana ti cambia la vita se tu decidi di farle spazio, così come si fa spazio a un bambino. E le condizioni non sono quelle dei meriti o delle capacità bensì del loro contrario. Gesù viene al mondo lì dove manca tutto per dirci che se ci manca qualcosa, qualunque cosa, allora noi siamo il posto giusto della Sua venuta.

Don Luigi Maria Epicoco

giovedì 26 dicembre 2024

Una poesia di Emily Brontē




Fall, leaves, fall; die, flowers, away;
Lengthen night and shorten day;
Every leaf speaks bliss to me,
Fluttering from the autumn tree.
I shall smile when wreaths of snow
Blossom where the rose should grow;
I shall sing when night’s decay
Ushers in a drearier day.

Emily Brontē




Cadano pure le foglie, cadano, muoiano i fiori;
siano lunghe le notti e brevi i giorni;
a me ogni foglia dona solo gioia
fluttuando dal suo albero in autunno.
Sorriderò quando serti di neve
fioriranno dov’erano le rose;
canterò quando sfumerà la notte
lasciando il posto a un giorno ancor più tetro.

(Traduzione di Silvio Raffo)

martedì 3 dicembre 2024

L'arte, secondo Ansel Adams


L'arte è insieme amore, amicizia e comprensione; desiderio di dare. 

Non è carità, che è dare delle cose. Non è bontà, che è dare se stessi. 

E' insieme un prendere e dare bellezza, rivoltare verso la luce 

le pieghe interiori dello spirito cosciente. 

E' ricreare su un altro piano le realtà del mondo.

Ansel Adams

venerdì 15 novembre 2024

Una poesia di Emanuela Sica: "Plenilunio"

 



Tra il tuo paese e il mio 
c’è un portone…
Separa i ciliegi dai cipressi
i fiori che sbocciano da quelli recisi 
il respiro  dall'assenza
le voci dal silenzio 
il sole dai lumini
il letto morbido dalla pietra 
il canto delle allodole dai gufi. 
Ti ho perso e ti ritrovo nel tempo dei ricordi 
                                           Quando abitavi nel mio paese.                                         
L'estate vestiva di frescura nei tuoi sorrisi.
L'inverno vestiva di tepore nei tuoi abbracci.
Fra il tuo paese e il mio 
c'è un portone.   
I vivi separati dai morti. 
Nel vento rimane il dolore dell'addio 
Come fionda dal cuore bussa al portone 
senza mai trovare  pace.
                                                             E tu non mi apri.                                                                                        


venerdì 18 ottobre 2024

"La sera", di Giovanni Pascoli



Il giorno fu pieno di lampi;

ma ora verranno le stelle,

le tacite stelle. Nei campi

c’è un breve gre gre di ranelle.

Le tremule foglie dei pioppi

trascorre una gioia leggiera.

Nel giorno, che lampi! che scoppi!

Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle

nel cielo sì tenero e vivo.

Là, presso le allegre ranelle,

singhiozza monotono un rivo.

Di tutto quel cupo tumulto,

di tutta quell’aspra bufera,

non resta che un dolce singulto

nell’umida sera.

È, quella infinita tempesta,

finita in un rivo canoro.

Dei fulmini fragili restano

cirri di porpora e d’oro.

O stanco dolore, riposa!

La nube nel giorno più nera

fu quella che vedo più rosa

nell’ultima sera.

Che voli di rondini intorno!

che gridi nell’aria serena!

La fame del povero giorno

prolunga la garrula cena.

La parte, sì piccola, i nidi

nel giorno non l’ebbero intera.

Nè io… e che voli, che gridi,

mia limpida sera!

Don… Don… E mi dicono, Dormi!

mi cantano, Dormi! sussurrano,

Dormi! bisbigliano, Dormi!

là, voci di tenebra azzurra…

Mi sembrano canti di culla,

che fanno ch’io torni com’era…

sentivo mia madre… poi nulla…

sul far della sera.

martedì 27 agosto 2024

Il Post delle Fragole: Meditare sul nostro cromosoma celeste

Meditare sul nostro cromosoma celeste, di Giuseppe Ferrara


Se volessimo azzardare una “concreta definizione” della poesia (che essendo fatta di “assenza” è pressocché indefinibile) potremmo accostarle il seguente termine: concentrazione. Proprio quello che la poeta Miriam Bruni usa nel titolo di una sua raccolta Concentrati sul cromosoma celeste (Controluna Edizioni, 2022).

Già perché la poesia è di per sé un concentrato a volte ristretto e raffinatissimo di …esperienze, emozioni, sentimenti, riflessioni, suoni, colori, visioni: un vero e proprio Universo da raccogliere in un centro mediante poche parole e tanto - tantissimo- silenzio, quello che il filosofo e musicologo francese di origine russe Vladimir Jankélévitch sosteneva essere l’origine, il mezzo e il fine della musica e della poesia. Estremizzando il ragionamento, la poesia dunque altro non è che un concentrato di silenzi, di cose non dette. Cose che, però, seppur taciute, si fanno sentire e Miriam Bruni ce le fa sicuramente sentire. Nel caso di Miriam, però, si deve parlare non già di una concentrazione intesa nel modo che abbiamo appena definito quanto di un invito , una esortazione alla concentrazione intesa nel suo reale e regale significato di fissare la mente su un oggetto particolare. In ciò avvertiamo che questo esercizio sia un passo preliminare e imprescindibile alla contemplazione e alla meditazione. È il conoscere che cerco./Non l’accumularsi/di piaceri o distrazioni/in piacevoli serate./ Occorre nei prati/nascondersi davvero/se vogliamo che il prato/riveli il suo tesoro./Occorre a lungo in Cielo/lasciarsi seppellire/se del cielo intendiamo/sensatamente parlare./ [da Concentrati sul cromosoma celeste, pg.15] Concentrazione, contemplazione e meditazione sembrano essere le tre fasi della pratica poetica di Miriam Bruni che a questo punto si manifesta con un poiein specifico: una pratica spirituale. Generalmente si pensa che la concentrazione sia un grande esercizio di attenzione ma essa costituisce soltanto il primo passo di una pratica spirituale essendo appunto gli altri , contemplazione e meditazione, veri e propri successivi stadi di avanzamento. Per cui concentrare in (e con) poche parole…tantissimi silenzi; organizzare nell’universo Vuoto (del foglio bianco) un piccolo big bang; fissare la mente sul cromosoma celeste, rappresentano solo il primo passo. L’espansione non può che aprirci tutti alla contemplazione di questo universo e alla inevitabile meditazione (Da dove? Chi? Perché? Quale “verso”?) Quando si raggiunge lo stadio meditativo, non c'è possibilità di vacillare e la fede per la poesia di Miriam diventa stabile. Nella nostra società contemporanea innervata in tutte le manifestazioni da un onnipresente principio di prestazione la poesia di Miriam rappresenta una sorta di balsamo lenitivo che restituisce all’inazione, alla contemplazione e all’ Ascolto un ruolo essenziale per l’esistenza: solo il silenzio permette di tendere l’orecchio al mondo e solo l’ascolto può condurre all’esperienza vera, alla comprensione profonda del nostro cromosoma celeste. A chi mi dice/di alzare la voce/e impormi, rispondo:/”non urlano le creature,/eppure stanno liete./Con quanta luce e buio/ non sapete; se con lana/ o seta, spago grezzo,/insanguinato, io genero/e dal mio stelo stacco/ciò che disvelo e offro./In un’Ostia sottile/ e leggera Lui si cela./E di noi conserva tutto,/il Padre in cui confido,/più di me che talvolta/ li butto - i disegni -/ e distratta giaccio.”

giovedì 8 agosto 2024

Due poesie di N. Vrettakos: "Resisto" e "Sortita"


Resisto


Resisto come gli ulivi della mia patria, duri

come le ossa del prode, ai quali mancano solo

i neri fazzoletti sul capo per somigliare alle nostre madri,

essi che inchiodati saldamente sulla pietra assoluta

non si curano delle tempeste, respirano i fulmini

e ne fanno nelle loro amare

linfe pace e luce.

*


Sortita


Prendo la mia anima e la porto a spasso

se comincia a irrigidirsi il suo sorriso.

E’ lei a dirmelo: mi manca la pioggia,

il sole sui monti o tra le nuvole

e il vento che nasce senza posa nei boschi

tutto profumi e essenze, latte e musica.

Come fosse cervo assetato, la guido

al fluente luminoso seno dell’eternità,

rinnova il sangue-luce dentro di lei e torna

di nuovo alla vita; nel suo sorriso

un fresco accento di immortalità.


Marine (mie) :-P

 








Dalla pregnante poesia di Rilke, IL POETA (!)



Io non ho amata, non ho dimora,
non ho, per vivere, un luogo certo.
E ogni cosa a cui mi dono
diventa ricca e mi spende.





domenica 4 agosto 2024

Una poesia di Meira Delmar tradotta in ITA da Emilio Capaccio

INQUIETUDINE

Meira Delmar (1922-2009)
Trad. E.C.
Attraversare questi campi vagando... vagando
senza alcun destino, alcun affanno...
Non pensare a niente. Non soffrire per niente.
Niente ricordare!
Questo voglio, amore. Al vento dar tutto:
il tuo sorriso bello, i sogni miei, il tuo amore!
Ci son giorni... Ci son giorni in cui come angoscia
è la dolcezza... Spezza il cuore!
Così oggi mi sento. Mi ferisce il miracolo
di questa felicità certa davanti al mar di zaffiro!
Spogliata l’anima di luci ed ombre
vorrebbe partire per nudi campi...
E dimenticar tutto. Le chiare parole
che dicono le tue labbra, mio inquieto sognare ...
Essere per i sentieri “qualcuno che s’allontana”...
e non tornare!
*
INQUIETUD
Ir por esos campos vagando ...vagando
sin destino alguno, sin ningún afán ...
No pensar en nada. No sufrir por nada.
¡Nada recordar!
Eso quiero, amado. Darlo todo al viento:
¡tu sonrisa buena, mis sueños, tu amor!
Hay días ...¡Hay días en que la dulzura
es como la angustia ...¡Rompe el corazón!
Hoy así me siento. ¡Me hiere el milagro
de esta dicha cierta frente al mar zafir!
Despojada el alma de luces y sombras
por campos desnudos quisiera partir ...
Y olvidarlo todo. Las palabras claras
que tus labios dicen, mi inquieto soñar ...
Ser por los caminos “alguien que se aleja”...
¡y no regresar!

Poesie di Antonio Santori



Darti del tu, così.
Non è strano?
Non sono strani anche
i gatti che fuggono,
qui, dentro di me,
e mi dicono: È ora?
Ci sono consigli stupendi,
a volte, negli occhi
dei gatti.
È ora di andare, lo so.
Ma dove? Qui non ci sono
porte.
Andare dove?
Io non sono la morte.





(Si aprirà la tenda di lino,
così come il piano fatale
prevedeva. La tua guancia
sarà il segno del ritiro
del carnevale, indiviso
dal suo strano filare.
Tu sarai nel barlume
della stanza, lieto inquilino)
Io, lo sai, posso solo pensarti
così, mentre fai capolino
dalla maschera bianca,
infernale. Se d’intorno la festa
rinnova il divario, io ti sono
vicina, io ti sono consorte.
Seduta, dondolando la schiena,
a graffiare il rimario.
Io continuo a filare il destino.
Tu lo sai, posso solo arroccare
lo schema, imbastire i miei vicoli
ai tuoi, aggirare il diario.
E pensarti così, mentre fai capolino.

Una poesia di Carmen Naranjo: "Mestiere di svegliarsi"

 

Sempre mi sveglio tardi molto tardi
con una enorme pigrizia
di fare la stessa cosa una volta e un’altra.
Lenta mi sveglio
con fonda rabbia
di scordare il sogno
e raccogliere pezzi
di qualcuno che qualcun altro
chiama con nome lontano.
Mi sveglio fragile
propensa al pianto
magnificando insignificanze
per crescere in diminuzioni
sul desiderio di gattonare.
Oscura mi sveglio
con la mente stanca
con paura in mano e nello sguardo
con un desiderio infinito
che giunga presto la notte
e sia una notte eterna.
Mi sveglio vuota
di parola e pensiero
seminata di silenzi e limitazioni
con la pelle asciutta fatta in briciole
e un sorriso di pietra
nel labirinto della mia storia.
Sono invecchiata senza apprendere
il mestiere di svegliarmi.

Una poesia di Xavier Villaurrutia

DECIME DEL NOSTRO AMORE

Xavier Villaurrutia (1903-1950)
A me stesso proibisco
di rivelare il nostro segreto
dire il tuo nome completo
o scriverlo quando scrivo.
Prigioniero di te, vivo
cercandoti nella caverna
ombrosa della mia agonia.
E quando da solo t’invoco,
sull’oscura pietra tocco
la tua impassibile compagnia.
Se il nostro amore è fatto
di prolungati silenzi
che le nostre labbra serrate
maturano dentro al petto;
e se il cuore sciolto
come granata sanguina
nella sua ombra gelata,
perché dolorosa e affranta,
non spezziamo quest’angoscia
per uscire dal nulla?
Per il timore di volermi
tanto, sì come io ti voglio,
hai preferito, essenzialmente
perdermi per salvarti.
Resta, però, di tal sorte,
muto e inerme il tuo cuore,
e se non mi lascia vedere te
è per non vedere nella mia,
l’immagine della tua agonia:
ché la mia morte è pure la tua.
Ti allontani da me pensando
che mi ferisca la tua presenza
e non sai che la tua assenza
è più dolorosa quando
la solitudine si fa più fonda
e nell’ombroso silenzio,
senza volerlo, mio malgrado,
sento d’eco la tua voce
e nel buco la tua forma ritrovo
che nel vuoto hai lasciato. [...]

Emilio Capaccio
*
DÉCIMAS DE NUESTRO AMOR
A mí mismo me prohibo
revelar nuestro secreto
decir tu nombre completo
o escribirlo cuando escribo.
Prisionero de ti, vivo
buscándote en la sombría
caverna de mi agonía.
Y cuando a solas te invoco,
en la oscura piedra toco
tu impasible compañía.
Si nuestro amor está hecho
de silencios prolongados
que nuestros labios cerrados
maduran dentro del pecho;
y si el corazón deshecho
sangra como la granada
en su sombra congelada,
¿por qué dolorosa y mustia,
no rompemos esta angustia
para salir de la nada?
Por el temor de quererme
tanto como yo te quiero,
has preferido, primero,
para salvarte, perderme.
Pero está mudo e inerme
tu corazón, de tal suerte
que si no me dejas verte
es por no ver en la mía
la imagen de tu agonía:
porque mi muerte es tu muerte.
Te alejas de mí pensando
que me hiere tu presencia,
y no sabes que tu ausencia
es más dolorosa cuando
la soledad se va ahondando,
y en el silencio sombrío,
sin quererlo, a pesar mío,
oigo tu voz en el eco
y hallo tu forma en el hueco
que has dejado en el vacío. [...]

Una poesia di Julia Prilutzky Farny

DICO: SONO STANCA DELLA PIOGGIA

Julia Prilutzky Farny (1912-2002)
Dico: sono stanca della pioggia,
della foschia, della bruma incerta.
Voglio tornare al sole e stare con te
semplicemente, sulla sabbia.
Comincio a odiare il grigio, il fumo mi disturba
e so che la cenere è misera.
Voglio mari d’anile, e non questi fiumi
fatti di fango e miseria.
Sono stanca di portare il lutto
di tutte le tenebre e le nebbie;
Voglio un cielo con nubi a mosaico
e una notte di stelle.
Ah, non aver timore d’essere fiamma:
no, né d’ardere, né di bruciarti in lei.
Tutta la vita è stata un interrogativo
senza eco né risposta,
tutte le ore sono state distanze:
oggi voglio essere, finalmente, una presenza.

Emilio Capaccio
*
YO DIGO: ESTOY CANSADA DE LA LLUVIA
Yo digo: estoy cansada de la lluvia,
de la neblina, de la bruma incierta.
Quiero volver al sol y estar contigo
simplemente, en la arena.
Comienzo a odiar el gris, me estorba el humo
y sé que la ceniza es harapienta.
Quiero mares de añil, y no estos ríos
hechos como de lodo y de miseria.
cansada de llevar el duelo
de todas las penumbras, y las nieblas;
quiero un cielo con nubes en retazos
y una noche de estrellas.
Ah, no sentir temor de ser la llama:
no, ni de arder, ni de quemarse en ella.
Toda la vida fue un interrogante
sin eco ni respuesta,
todas las horas fueron lejanías:
hoy quiero ser por fin, una presencia.

domenica 2 giugno 2024

Mauro Liggi tradotto in spagnolo

 

Il dolore è suadente
si prende cura di me
dilaniandomi.
Ma non sa che il cibo sta finendo
si è già preso il meglio
e ora rosicchia la carcassa
illudendosi di arrivare alla tana
dove ho nascosto
i diamanti

Mauro Liggi


TRAD. di MIRY


El dolor es persuasivo,
desgarrandome
me cuida.
Pero no sabe que la comida se está acabando.
Ya se ha llevado lo mejor
y ahora roe el cadáver
engañándose a sí mismo para llegar a la guarida
donde escondí
los diamantes.

lunedì 27 maggio 2024

Inaugurazione Festival Internazionale di Poesia - Castel Maggiore 11-12 maggio 2024


                                                             La mia targa di partecipazione

 




Qui sotto i miei due testi, (Neve, neve fresca, Che cosa mi incanta) tradotti in inglese da Claudia Piccinno, che ringrazio molto per l'invito a partecipare a questo importante scambio con gli autori turchi Mesut Senol, Haidar Ergolen, Ali Gunvar e Hilal Kharhan.

                                                                       Alcune foto-ricordo


                                                                                         











                                                                                                                                          Ph Roberto Cerè



martedì 30 aprile 2024

Una poesia di Carmela Laratta: "L'ostinazione di restare appesi"



                                                   ph Miriam Bruni



L' ostinazione di restar appesi
- sbiadita ma proterva e puntigliosa -
come denti di latte tentennanti
tu la chiamavi famiglia, io dolore.
Avrei potuto scrivere di noi,
dell' aderenza di aorte alle pupille
se tu non fossi stato il nostro muro,
il capriccioso stridere d'un diniego,
ma non si sopravvive di lamiere
- anche un alone incancellabile
poi sfuma -
quando io penso all' amore
sogno piume,
l'accompagnare per mano,
trasparenze...
una semplicità priva di tarli.

mercoledì 13 marzo 2024

Gustavo Adolfo Rol ---> Il segreto della giovinezza


𝑳𝒆 𝒑𝒆𝒓𝒔𝒐𝒏𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒉𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒃𝒊𝒔𝒐𝒈𝒏𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒆𝒅𝒆𝒓𝒆 𝒍𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒈𝒐𝒅𝒆𝒓𝒍𝒆, 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒔𝒊𝒂 𝒍'𝒊𝒏𝒗𝒊𝒅𝒊𝒂, 𝒄𝒉𝒆 𝒕𝒓𝒂𝒈𝒈𝒐𝒏𝒐 𝒈𝒊𝒐𝒊𝒂 𝒅𝒂𝒍𝒍'𝒂𝒓𝒕𝒆, 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒃𝒆𝒍𝒍𝒆𝒛𝒛𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒏𝒂𝒕𝒖𝒓𝒂, 𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒔𝒗𝒊𝒍𝒖𝒑𝒑𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒓𝒊𝒂 𝒇𝒂𝒏𝒕𝒂𝒔𝒊𝒂 𝒐 𝒆𝒍𝒆𝒗𝒂𝒓𝒆 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒓𝒊𝒐 𝒔𝒑𝒊𝒓𝒊𝒕𝒐, 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒅𝒂𝒗𝒗𝒆𝒓𝒐 𝒑𝒓𝒊𝒗𝒊𝒍𝒆𝒈𝒊𝒂𝒕𝒆 𝒆 𝒕𝒓𝒐𝒗𝒆𝒓𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒍'𝒂𝒓𝒎𝒐𝒏𝒊𝒂 𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒍 𝒄𝒓𝒆𝒂𝒕𝒐 𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒊𝒏𝒄𝒊𝒑𝒊𝒐 𝒅𝒊𝒗𝒊𝒏𝒐.
𝑰𝒍 𝒔𝒆𝒈𝒓𝒆𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒈𝒊𝒐𝒗𝒊𝒏𝒆𝒛𝒛𝒂 𝒆' 𝒊𝒏 𝒏𝒐𝒊 𝒔𝒕𝒆𝒔𝒔𝒊 𝒔𝒆 𝒔𝒂𝒑𝒓𝒆𝒎𝒐 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒆 𝒐𝒕𝒕𝒊𝒎𝒊𝒔𝒕𝒊, 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒖𝒊𝒔𝒕𝒊, 𝒄𝒐𝒏 𝒖𝒏𝒂 𝒅𝒊𝒔𝒑𝒐𝒔𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒂𝒑𝒆𝒓𝒕𝒂 𝒆 𝒈𝒊𝒐𝒗𝒂𝒏𝒆 𝒗𝒆𝒓𝒔𝒐 𝒍𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂, 𝒔𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒆𝒓𝒗𝒆𝒓𝒆𝒎𝒐 𝒖𝒏 𝒄𝒖𝒐𝒓𝒆 𝒑𝒖𝒓𝒐, 𝒇𝒊𝒅𝒖𝒄𝒊𝒐𝒔𝒐, 𝒅𝒊 𝒇𝒂𝒏𝒄𝒊𝒖𝒍𝒍𝒐, 𝒔𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒏𝒖𝒆𝒓𝒆𝒎𝒐 𝒂𝒅 𝒂𝒎𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒑𝒐𝒆𝒔𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂, 𝒂𝒅 𝒂𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒇𝒆𝒅𝒆 𝒏𝒆𝒍𝒍'𝒐𝒍𝒕𝒓𝒆-𝒗𝒊𝒕𝒂, 𝒂𝒕𝒕𝒊𝒏𝒈𝒆𝒓𝒆𝒎𝒐 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒐𝒓𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍'𝒆𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂 𝒈𝒊𝒐𝒗𝒊𝒏𝒆𝒛𝒛𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒆' 𝒊𝒏 𝒏𝒐𝒊.



Vito Mancuso - L'attenzione


L’attenzione crea una specie di vuoto dentro di noi. Sono attento, cioè mi svuoto, e quindi divengo capace di vero ascolto. Sono in grado di ricevere perché ho messo a tacere le mie voci interiori, ho spento la mia mente, o meglio, un certo tipo di mente, quella della continua e incontrollata proliferazione di pensieri paragonabile a una radio sempre accesa, e ne accendo un’altra, la mente luminosa dell’attenzione, e la rivolgo a chi sta parlando, o sta suonando, o su chi altro mi si trovi davanti, e divengo completamente ricettivo. E così facendo coltivo la mia interiorità, la ripulisco, la nutro.

Il filosofo Edmund Husserl parlava dell’attenzione come di un raggio: il «raggio dell’attenzione».
L’accostamento dell’attenzione alla luce apre al significato spirituale di tale virtù, su cui Simone Weil ha scritto cose bellissime. Nei suoi Quaderni scrive: «L’amore soprannaturale e la preghiera non sono altro che la forma più alta di attenzione»; «L’attenzione estrema è ciò che nell’uomo costituisce la facoltà creatrice, e non c’è attenzione estrema se non religiosa»; «L’occhio dell’anima è l’attenzione»; «Dio è l’attenzione senza distrazione».


                                                                        ph Miriam Bruni

sabato 2 marzo 2024

Da Resurrezione, di Lev Tolstoy

 


Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, ed i bambini. Ma gli uomini, i grandi, gli adulti, non la smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene di tutte le creature, la bellezza che dispone alla pace, alla concordia e all'amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi l'un l'altro.

sabato 17 febbraio 2024

Una poesia di Livia de Stefani: "Torno torno alla cisterna"

 

ph Miriam Bruni


Torno torno alla cisterna
i rumori della piazza sono ramarri
che si rincorrono al sole. I passi 
uno spiover di ghiaie dalle dita del giorno.
Io sono l'acqua, cielo disteso per le grondaie
in un buco di terra, acqua ridotta ad un vitreo
cerchio di buio, a immota pupilla fra nere
ciglia di capelvenere, io contemplo
lo spazio che mi separa dall'azzurro del giorno,
il giorno in transito sul ferro del mio coperchio.
Talvolta lo sollevano fanciulli
in cerca dell'eco di parole e allora i passanti,
teste mozze di passanti talvolta si sporgono
a contemplare quaggiù, giù in fondo
alla gola di capelvenere il liscio mio volto
ove posa l'azzurro, rovesciato.

Livia de Stefani

martedì 30 gennaio 2024

Una poesia di Karin Boye: "Certo che fa male"


ph Miriam Bruni
Certo che fa male, quando i boccioli si rompono.
Perché dovrebbe altrimenti esitare la primavera?
Perché tutta la nostra bruciante nostalgia
dovrebbe rimanere avvinta nel gelido pallore amaro?
Involucro fu il bocciolo, tutto l’inverno.
Cosa di nuovo ora consuma e spinge?
Certo che fa male, quando i boccioli si rompono,
male a ciò che cresce
male a ciò che racchiude.
Certo che è difficile quando le gocce cadono.
Tremano d’inquietudine pesanti, stanno sospese
si aggrappano al piccolo ramo, si gonfiano, scivolano
il peso le trascina e provano ad aggrapparsi.
Difficile essere incerti, timorosi e divisi,
difficile sentire il profondo che trae, che chiama
e lì restare ancora e tremare soltanto
difficile voler stare
e voler cadere.
Allora, quando più niente aiuta
si rompono esultando i boccioli dell’albero,
allora, quando il timore non più trattiene,
cadono scintillando le gocce dal piccolo ramo,
dimenticano la vecchia paura del nuovo
dimenticano l’apprensione del viaggio –
conoscono in un attimo la più grande serenità
riposano in quella fiducia
che crea il mondo.


(Traduzione di Valeria Marcheschi)