domenica 9 ottobre 2022

Una poesia di Maurizio Donte: "Signore mio, lo vedi"


Signore mio lo vedi, vanno incerti
i passi sui sentieri desolati,
smarriti come sempre nei deserti
tra i sassi arsi, sterili, assetati.
Eppure i cieli in alto sono aperti,
ma tacciono da tempo i giorni amati,
e le braccia ricadono, giù, inerti
davanti ai sogni avuti e abbandonati.
Non vedo, nello scorrere i ricordi,
le luci colorate di una volta,
né sento nell'orecchio la parola,
che sola non mi inganna, né desola:
speranza nel futuro mi vien tolta,
perché al tuo dire ormai noi siamo sordi.
E vanno alla deriva i continenti
su di un pianeta misero e sperduto
ai margini di tempi promettenti
in cui ingenuamente abbiam creduto.
Immagini di volti sorridenti:
promesse che non hanno mantenuto,
canti di gioia: echi dei credenti
che sospirano un sogno ormai perduto.
E sopra i campi l'anima sorvola
le plaghe desolate della mente:
le promesse smarrite nel futuro.
Così io passo i giorni e non mi curo
di quanto mi rimane del presente,
di quanto la mia anima sia sola.
Di tenebra i pensieri nei miei giorni
che restano davanti alla Tua porta,
dove vorrei trovarti, ma non torni,
e qualsiasi speranza è come morta.
Lo Senti, io ti cerco nei dintorni,
oltre la fiamma in cielo ch'è risorta,
nel crepuscolo spento, nei ritorni
di silenzi smarriti d'ogni sorta.
Così nell'Alto il giorno si scolora,
e cadono nel tempo i miei castelli;
di sabbia la mia vita desolata,
un sogno sulla Terra ancora amata.
E passano i pensieri, sempre quelli:
la fuga dell'istante mi addolora,
e allora Ti rivolgo una preghiera:
cercami, ché lo vedi, io non posso,
smarrita ho la strada nella sera,
cammino incerto e cado dentro il fosso:
mi è lontana oramai la primavera.
Nell'ultimo orizzonte appare mosso
persino il mio vedere alla frontiera,
là dove il giorno termina, rimosso
dal venire di un tempo sconosciuto,
dal lampo inconsapevole al mistero,
alla mente confusa dal presente.
Lo vedi che mi muovo inutilmente,
fragile come solo il mio pensiero
nella fede che so d'aver perduto.
Non mi lasciare qui, io sono solo,
smarrito tra galassie spaventose
ed abissi Insondabili sorvolo,
dispersi in nubi immense, vaporose,
di stelle che s'illuminano al volo,
ma lo capisci certo, sono cose
osservate da quando, lungo il molo,
pensavo nelle sere silenziose,
a Te che sei lontano all'apparenza,
ma il male è qui presente, lo sai bene,
nel mare che si infrange onnipresente,
con onde ripetute nella mente,
gettando sulla riva nuove pene,
giacché non sento più la Tua presenza.
Soccorso, chiedo o Dio, non mi lasciare
nel mare tempestoso della vita:
speravo almeno allora io d'amare,
ma vedi, quella strada l'ho smarrita.
Amare almeno le persone care,
tenere i loro volti tra le dita,
stretti per sempre a me, da non odiare
neppure chi da noi se n'è fuggita.
Sapessi la stanchezza del presente,
la fuga di ragioni più lontano,
la possibile vita che mi sfugge,
la mente che vacilla e mi distrugge,
l'angoscia che risale piano piano,
lo sguardo che Ti cerca dov'è il niente.
Son qui, mi vedi? Amore, sono solo,
e i deserti dell'anima Sorvolo,
illuminato dai cieli mai aperti,
dallo sconforto Dio, di non averti.
Canzone ABABABABCDEEDC - FFGG
Maurizio Donte

Una poesia di Mariella Antonia Balla: "Archeologia"


ARCHEOLOGIA

Archeologa della parola
mi scavo fino a diventare
grotta e scheletro
caverna ragnatela pipistrello.
La mia bestia sta cantando.
Poi su in apnea guadagno
la riva e mi espongo
al sole di settembre.
Rubo granelli di sabbia
per fermare il tempo e
stamparlo sulla pagina bianca,
per liberare quella antica libertà
che mi abita dentro.
Tesoro mio sei stata addormentata
tutta la vita cercando.
Peccato mortale aspettare
un principe azzurro
con un bacio da svegliarti .
Non hai bisogno
del principe azzurro
Azzurre sono le vene delle tue mani
azzurra sei tu.
Libera mi raccomando
hai te stessa.

Mariella Antonia Balla

Una poesia di Maria Felicetti: "Il figlio prodigo"


Il figlio prodigo

Ho rinnegato l'amore.
Ho rigettato il mio nome,
i numi del passato, la stirpe,
il marchio ingombrante delle radici
in nome della libertà.
Ho tagliato il laccio tiranno,
schiacciato dal giogo della legge
come uno schiavo.
Le mani ribelli e bramose
cercavano corone di gloria,
ma su strade ubriache e prodighe
ho incontrato stelle di fango e catene.
Ho smarrito il cuore
dentro notti da rubare,
babilonie per stordirmi,
dissipando ogni dono,
come falena impazzita tra miraggi di luce
che svaporano in breve
lasciando in salario carrube e ferite.
Ma nel vuoto riarso uno spiraglio
la voce del pane, il conto del bene
a germogliare resipiscenza,
svegliare passaggi, svelare l'assenza,
aprire la via del ritorno.
E lì mi hai atteso
come l'orizzonte assetato l'alba,
come padre amoroso a vegliare
la soglia del mio buio.
Avevi sognato il mio giorno.
Non ero che un morto,
un punto lontano.
Mi sei corso incontro.
Rugiada di perdono ci ha colto, avvolto,
nell'abbraccio caldo della pace.
Era uno il pianto,
linfa della vita restituita,
e nella resa nessun fuoco a mancarci.
Ho visto di nuovo.
Ero nel tuo stesso palpito.
Come un figlio. Il tuo piccolino.
Mi hai rivestito dei paramenti della libertà.
Hai fatto festa solo per me.
Con un'alleanza di giglio mi hai cinto.
Incorruttibile è la mia eredità.
Ora sono avvento di cielo,
figlio di re
condonato all'amore.

Maria Felicetti


Una poesia di Sergio d'Angelo: "E tu non c'eri"



E tu non c'eri

Ho smesso di essere dalla tua parte,
di rimanere in equilibrio sulle intenzioni.
Ho smesso di deformarmi per amore,
di essere simmetria alla collera, di starti nei pressi.
Ho smesso di essere mano per il tuo caos
di avere paura, ho smesso, di credere che una falena possa
sollevare una stanza.
Ho smesso di giocare a carte con i monologhi del vetro,
di avere lingua per ogni tuo inverno.
Ho smesso di credere che non necessariamente una perdita
possa impedire agli occhi di rimanere aperti sino alla fine.
Eri tu a dirmi che gli spaventi portano promesse.
Che un seme è quasi sempre una pulsazione di inizi.
Quante volte ho provato ad affrancarti oltre la pelle.
Quante mi sono fatto marciapiede, nella speranza che la pagina
diventasse casa.
Ho paragrafi interi per ogni illusione,
dolori che senza rivolgermi parola mi lavano a zolla.
Ci sono corazze che ci scelgono.
Amori capaci di rimanere dentro lo stesso spazio.
Oggi per gioco provo ad essere felice.
Ho dormito con me stesso.
E tu non c’eri.

Sergio d'Angelo

Chiodi e Altalene 2022

domenica 2 ottobre 2022

Una poesia di Ornella Mereghetti: "Cammino svelta"



ph Davide Fazio


Cammino svelta,
sulle onde, sui rami,
odo schianti
di vene rotte.
Una luna di pergamena
sta sopra il mio cuore
ed un innocente dolore
mi stringe il petto.
Il vento non dorme,
lingue celesti le stelle,
risplende come pesce
ogni pensiero.
Tra tracce di lacrime
e sangue io
vado a dormire,
tra cembali di cristallo
incontrerò
la mia alba.
Cammino svelta
sulle onde, sui rami,
un orizzonte di cani
mi prepara il giaciglio.
Una luna di pergamena
sta sopra i mio cuore,
scaverò con le mani
per cercare l'aurora!

Ornella Mereghetti