martedì 29 novembre 2022

Una poesia di Luisa Trimarchi: "L'aulica aurea di cui si cosparge"


L’aulica aurea di cui si cosparge
la lirica - quella che riempie aule
- curie - corti dorate - antiche
memorie - stanze di palazzi lontani
nel ricordo - non racconta poi
il patire - quel lacerare - lo sguardo
di ogni Saffo sul mare - nel solo
guardare il suo allontanare - lo strazio
di chi logoro resta ad aspettare senza
possibilità - alcuna - di liberarsi - librare libera volteggiando a picco -
senza più sentire quel cigolio del corpo
che nell’abbandono - nella scossa -
scompare in abissi di nero silenzio.
La parola - preziosa - resta a forgiare
ogni forma indicibile di solo male.

Luisa Trimarchi

domenica 9 ottobre 2022

Una poesia di Maurizio Donte: "Signore mio, lo vedi"


Signore mio lo vedi, vanno incerti
i passi sui sentieri desolati,
smarriti come sempre nei deserti
tra i sassi arsi, sterili, assetati.
Eppure i cieli in alto sono aperti,
ma tacciono da tempo i giorni amati,
e le braccia ricadono, giù, inerti
davanti ai sogni avuti e abbandonati.
Non vedo, nello scorrere i ricordi,
le luci colorate di una volta,
né sento nell'orecchio la parola,
che sola non mi inganna, né desola:
speranza nel futuro mi vien tolta,
perché al tuo dire ormai noi siamo sordi.
E vanno alla deriva i continenti
su di un pianeta misero e sperduto
ai margini di tempi promettenti
in cui ingenuamente abbiam creduto.
Immagini di volti sorridenti:
promesse che non hanno mantenuto,
canti di gioia: echi dei credenti
che sospirano un sogno ormai perduto.
E sopra i campi l'anima sorvola
le plaghe desolate della mente:
le promesse smarrite nel futuro.
Così io passo i giorni e non mi curo
di quanto mi rimane del presente,
di quanto la mia anima sia sola.
Di tenebra i pensieri nei miei giorni
che restano davanti alla Tua porta,
dove vorrei trovarti, ma non torni,
e qualsiasi speranza è come morta.
Lo Senti, io ti cerco nei dintorni,
oltre la fiamma in cielo ch'è risorta,
nel crepuscolo spento, nei ritorni
di silenzi smarriti d'ogni sorta.
Così nell'Alto il giorno si scolora,
e cadono nel tempo i miei castelli;
di sabbia la mia vita desolata,
un sogno sulla Terra ancora amata.
E passano i pensieri, sempre quelli:
la fuga dell'istante mi addolora,
e allora Ti rivolgo una preghiera:
cercami, ché lo vedi, io non posso,
smarrita ho la strada nella sera,
cammino incerto e cado dentro il fosso:
mi è lontana oramai la primavera.
Nell'ultimo orizzonte appare mosso
persino il mio vedere alla frontiera,
là dove il giorno termina, rimosso
dal venire di un tempo sconosciuto,
dal lampo inconsapevole al mistero,
alla mente confusa dal presente.
Lo vedi che mi muovo inutilmente,
fragile come solo il mio pensiero
nella fede che so d'aver perduto.
Non mi lasciare qui, io sono solo,
smarrito tra galassie spaventose
ed abissi Insondabili sorvolo,
dispersi in nubi immense, vaporose,
di stelle che s'illuminano al volo,
ma lo capisci certo, sono cose
osservate da quando, lungo il molo,
pensavo nelle sere silenziose,
a Te che sei lontano all'apparenza,
ma il male è qui presente, lo sai bene,
nel mare che si infrange onnipresente,
con onde ripetute nella mente,
gettando sulla riva nuove pene,
giacché non sento più la Tua presenza.
Soccorso, chiedo o Dio, non mi lasciare
nel mare tempestoso della vita:
speravo almeno allora io d'amare,
ma vedi, quella strada l'ho smarrita.
Amare almeno le persone care,
tenere i loro volti tra le dita,
stretti per sempre a me, da non odiare
neppure chi da noi se n'è fuggita.
Sapessi la stanchezza del presente,
la fuga di ragioni più lontano,
la possibile vita che mi sfugge,
la mente che vacilla e mi distrugge,
l'angoscia che risale piano piano,
lo sguardo che Ti cerca dov'è il niente.
Son qui, mi vedi? Amore, sono solo,
e i deserti dell'anima Sorvolo,
illuminato dai cieli mai aperti,
dallo sconforto Dio, di non averti.
Canzone ABABABABCDEEDC - FFGG
Maurizio Donte

Una poesia di Mariella Antonia Balla: "Archeologia"


ARCHEOLOGIA

Archeologa della parola
mi scavo fino a diventare
grotta e scheletro
caverna ragnatela pipistrello.
La mia bestia sta cantando.
Poi su in apnea guadagno
la riva e mi espongo
al sole di settembre.
Rubo granelli di sabbia
per fermare il tempo e
stamparlo sulla pagina bianca,
per liberare quella antica libertà
che mi abita dentro.
Tesoro mio sei stata addormentata
tutta la vita cercando.
Peccato mortale aspettare
un principe azzurro
con un bacio da svegliarti .
Non hai bisogno
del principe azzurro
Azzurre sono le vene delle tue mani
azzurra sei tu.
Libera mi raccomando
hai te stessa.

Mariella Antonia Balla

Una poesia di Maria Felicetti: "Il figlio prodigo"


Il figlio prodigo

Ho rinnegato l'amore.
Ho rigettato il mio nome,
i numi del passato, la stirpe,
il marchio ingombrante delle radici
in nome della libertà.
Ho tagliato il laccio tiranno,
schiacciato dal giogo della legge
come uno schiavo.
Le mani ribelli e bramose
cercavano corone di gloria,
ma su strade ubriache e prodighe
ho incontrato stelle di fango e catene.
Ho smarrito il cuore
dentro notti da rubare,
babilonie per stordirmi,
dissipando ogni dono,
come falena impazzita tra miraggi di luce
che svaporano in breve
lasciando in salario carrube e ferite.
Ma nel vuoto riarso uno spiraglio
la voce del pane, il conto del bene
a germogliare resipiscenza,
svegliare passaggi, svelare l'assenza,
aprire la via del ritorno.
E lì mi hai atteso
come l'orizzonte assetato l'alba,
come padre amoroso a vegliare
la soglia del mio buio.
Avevi sognato il mio giorno.
Non ero che un morto,
un punto lontano.
Mi sei corso incontro.
Rugiada di perdono ci ha colto, avvolto,
nell'abbraccio caldo della pace.
Era uno il pianto,
linfa della vita restituita,
e nella resa nessun fuoco a mancarci.
Ho visto di nuovo.
Ero nel tuo stesso palpito.
Come un figlio. Il tuo piccolino.
Mi hai rivestito dei paramenti della libertà.
Hai fatto festa solo per me.
Con un'alleanza di giglio mi hai cinto.
Incorruttibile è la mia eredità.
Ora sono avvento di cielo,
figlio di re
condonato all'amore.

Maria Felicetti


Una poesia di Sergio d'Angelo: "E tu non c'eri"



E tu non c'eri

Ho smesso di essere dalla tua parte,
di rimanere in equilibrio sulle intenzioni.
Ho smesso di deformarmi per amore,
di essere simmetria alla collera, di starti nei pressi.
Ho smesso di essere mano per il tuo caos
di avere paura, ho smesso, di credere che una falena possa
sollevare una stanza.
Ho smesso di giocare a carte con i monologhi del vetro,
di avere lingua per ogni tuo inverno.
Ho smesso di credere che non necessariamente una perdita
possa impedire agli occhi di rimanere aperti sino alla fine.
Eri tu a dirmi che gli spaventi portano promesse.
Che un seme è quasi sempre una pulsazione di inizi.
Quante volte ho provato ad affrancarti oltre la pelle.
Quante mi sono fatto marciapiede, nella speranza che la pagina
diventasse casa.
Ho paragrafi interi per ogni illusione,
dolori che senza rivolgermi parola mi lavano a zolla.
Ci sono corazze che ci scelgono.
Amori capaci di rimanere dentro lo stesso spazio.
Oggi per gioco provo ad essere felice.
Ho dormito con me stesso.
E tu non c’eri.

Sergio d'Angelo

Chiodi e Altalene 2022

domenica 2 ottobre 2022

Una poesia di Ornella Mereghetti: "Cammino svelta"



ph Davide Fazio


Cammino svelta,
sulle onde, sui rami,
odo schianti
di vene rotte.
Una luna di pergamena
sta sopra il mio cuore
ed un innocente dolore
mi stringe il petto.
Il vento non dorme,
lingue celesti le stelle,
risplende come pesce
ogni pensiero.
Tra tracce di lacrime
e sangue io
vado a dormire,
tra cembali di cristallo
incontrerò
la mia alba.
Cammino svelta
sulle onde, sui rami,
un orizzonte di cani
mi prepara il giaciglio.
Una luna di pergamena
sta sopra i mio cuore,
scaverò con le mani
per cercare l'aurora!

Ornella Mereghetti




lunedì 26 settembre 2022

Una poesia di Cristina Simoncini: "la bambina che sei stata"


la bambina che sei stata
si strofinava, perdeva scaglie
riparava in un flusso lucente
boccheggiava di vertigini
non era ancora guizzante, pronta
al suo elemento, a lasciarsi
alle spalle le origini di un canto
inospitale, a dirsi nella lingua
fluida e senza eco di una nuova era
di colpo sei diventata la bambina
che non eri stata – un balzo
al contrario dove giace la terra
da dentro languisce si spacca
per poco nutrimento eppure
ti ristora, suggerisce
come impiegare la salvezza
la spensierata combustione
degli anni rimasti soli con il sole

Un pensiero di Carlo Bordini



Eric Roux-Fontaine


"Amo la poesia perché quando scrivo so sempre da dove parto, e non so mai dove arrivo. Arrivo sempre in territori sconosciuti, e dopo ne so più di prima. Non scrivo quello che so, ma lo so mentre lo scrivo, e per me la poesia è sempre fonte di continue rivelazioni. È come se durante la scrittura ci fossero in me improvvise rotture dell'inconscio. In questo senso sono abbastanza convinto che la parola venga prima del pensiero, sia un veicolo del pensiero. Non si scrive quello che si sa, ma lo si sa dopo averlo scritto. [...]

A volte penso che la principale qualità che dovrebbe avere un poeta sia quella di non tradire quello che gli viene dettato con considerazioni banali (con quello che immagina di essere, o che crede di dover essere, per esempio). Penso in questo senso che sia difficilissimo essere spontanei: la spontaneità è nascosta sotto una serie di strati di rigidità intellettuali, di pseudo conoscenze ideologiche, di velleità banali; la poesia rompe tutto questo, va al centro dei problemi. Raggiungere la spontaneità è un atto che richiede infinite mediazioni, tecniche, ma soprattutto sensitive e di onestà intellettuale. [...]

Apparentemente l'arte non serve a niente, perché non ha connessioni immediate (utilitarie) con la realtà. In realtà tutti gli artisti, dai poeti ai fabbricanti di cravatte, ai disegnatori di fumetti, in qualche modo contribuiscono a creare un'autorappresentazione e un'idea di sé dell'umanità. E spesso sono gli unici a dire la verità, e l'umanità se ne accorge solo in ritardo: i poeti non possono salvare il mondo, perché il mondo se ne accorgerà solo dopo."

Carlo Bordini su L'Unità, 1° maggio 2002

sabato 24 settembre 2022

Una poesia di Agnes MK e un acquerello di Silvia Bruni


Tutto sotto controllo
(gioco di parole)

Troppo a lungo con mani sapienti
ho spezzato le unghie ed i denti
all’amore, abbassata la voce
al livore del grido di vita
che ora muore nel polso che tace



acquerello di Silvia Bruni


martedì 20 settembre 2022

"Invincibile estate" di Camus

Mia cara,

nel bel mezzo dell’odio
ho scoperto che vi era in me
un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime
ho scoperto che vi era in me
un invincibile sorriso.
Nel bel mezzo del caos
ho scoperto che vi era in me
un’invincibile tranquillità.
Ho compreso, infine,
che nel bel mezzo dell’inverno
vi era in me
un’invincibile estate.
E che ciò mi rende felice.
Perché afferma che non importa
quanto duramente il mondo
vada contro di me,
in me c’è qualcosa di più forte,
qualcosa di migliore
che mi spinge subito indietro
Albert Camus

Un pensiero di Paola Felice, che è anche molto mio ;-)


ph Roberto Cerè



Ho un rapporto strano con le porte.
    Non le chiudo mai a chiave. Piuttosto le accosto.
    È un difetto, credo.
    Mancanza di coraggio, forse.
    Ma mi succede di non chiudere le porte.
    Lascio che siano gli eventi a farlo. 
Dopotutto chi sono io per stabilire chi deve uscire per  sempre dalla mia vita?

   In genere chi prende un’altra strada lo fa da solo.
   Piano piano. Un passo alla volta. Una scelta dopo l’altra.
   Così, io lascio aperto.
   Perché non si sa mai.
   Magari un giorno chi era uscito, si presenta davanti a quell’uscio, e trovando aperto, si siede per un caffè.
   E se sarà passato abbastanza tempo, abbastanza orgoglio, e abbastanza dolore, chiederò
-Con quanto zucchero?


   Paola Felice

Una poesia di Carmela Laratta: "Se io potessi assomigliare a certe notti"


ph Miriam Bruni


Se io potessi assomigliare a certe notti
a trama larga per le cinciallegre,  
rinfocolarmi con l' alito del bosco,
acquerellando la serietà del corpo, riuscirei a liberare i sogni lesi
da questa frenesia che ci attanaglia.
Fare le prove generali di trincea
e sdilinquare il dovere
e sgusciar via,
dove nessuno conosce il mio indirizzo
e sa le nuvole, i bisogni dei puledri.
Ma il campanello incombe. Destruttura.
Picchia più forte sul muro la pretesa,
l' illogica paura della gente, supplica vita per non chiudere gli occhi,
poi si dimena nell'alba che incornicia
- con l' ansia adunca che sgualcisce e deteriora,
bauli inerti di tralicci di pensieri,
il giorno pesto che moltiplica le liste -
e la stanchezza fa tara alle lenzuola,
è il bianco e nero di un lapis senza punta
- lui che mi usa e mi rimpicciolisce -
Anche il mio corpo anela all' abbandono.
Lasciatemi così. Come una pietra.

Carmela Laratta

lunedì 12 settembre 2022

Una poesia di Giorgia Monti, "Oggi di me"

Oggi di me

vedere l'oltre
l'oltre mezzo secolo
di qualche anno
oltre
Questo dire
a me
Signora
così straniante
Le innumerevoli metamorfosi
che sdruciscono gli organi
- gli infinitesimali crolli
le lesioni che
non hanno bocca
L'accumulo di pensieri
che sfiomba
L'addensarsi del sangue
che mi smemora
A tavola accettare
di Lucrezio il mio
misconoscere la storia
- oh Milo, Milo il Grande!
siedimi ancora e ancora
accanto
investimi con la tua
parola buona
a tenermi lontana
dalla vita che sono
La fatica
troppa
tutta sotto le palpebre
- che tu, tu non veda
ciò che più forte sento
perché troppo
e troppo forte io
sempre da sempre
ho sentito
Poi sola
sull'argine
sorprendere
il mio occhio
un'altra volta
estatico
per effetto
di una luna
a me gigante
- luna
Dea di ogni dio
madre di tutte
padre dei padri
Di nessuno
figlia
Da nessuna
nata
Rimirarla
in ogni sua forma
in ogni suo gioco
d'ombra
Guardarla
mantenere
il segreto
Nel mio piccolo piccolo
cono raccoglierla
Sversarmi
raggiante
con l'aspirazione
che unica rimane
di raggiungerla

Una poesia di Virginia Farina: "Gli equilibristi"

Gli equilibristi

Non sono sufficienti le parole
che porto in tasca come una scorta
di nocciole nella fame
a coprire la distanza tra la mia bocca
ed il tuo orecchio
a segnare i passi della via
che dal mio cuore rosso
porta al rosso del tuo cuore.
Noi, in equilibrio sulle linee diritte
e spezzate dei versi
capaci di affacciarci alla vertigine
del bianco in una pagina,
proprio noi che ricamiamo il suono
e lo affiliamo come la lama
l'arrotino, noi che lo facciamo lucente
e penetrante perché affondi meglio
nella carne,
noi che con mani piccole versiamo
la vita dentro una parola
e la componiamo perché ogni piega
contenga lo slancio dell'immenso,
noi che ci indoviniamo poeti
nella voce segreta che ci vigila alle spalle
noi ci incontriamo poi soltanto
nell'indicibile che passa
per i nostri occhi.


Ai poeti e alle poete che ho sfiorato ieri nella premiazione di Versante ripido
per tutto ciò che è stato detto e ciò che è stato impossibile dire
Con gratitudine. virginia (Settembre 2022)

sabato 3 settembre 2022

Una poesia di Yuleisy Cruz Lezcano: "Il passato"


Il passato

Il passato si sta seccando,
i fiori di sangue appassiscono,
perdono i petali,
lasciano la vita che fu
a sorridere bugiarda.
Labbra aperte
per mancanza d'amore...
Il Passato racconta
una vecchia miseria
corrosa, silenziosamente,
sotto il sole.
Una brezza che passa,
un ricordo che sospira,
raccolto della sera che muore.
Gracile voce di cose amate,
abbracciate a un vecchio silenzio.
Nella terrificante inanità
dell'esperienza
esiste nella ragione
un pensiero di amore cancellato.
Un girone di ombre
copre la vita.
Y. C. L.

venerdì 2 settembre 2022

Una poesia di Claudia Brigato



                                                               ph Miriam Bruni

Lascia che io mi compia –perfetta e piena–
sotto un sole ammansito
–d’autunno–
quando le vigne si spalancano in grappoli
e di acino in acino corre la voglia di vendemmia.
Lascia che inondi –libera e leggera–
filari, orti, paesi e città
–nel mezzo del giorno–
come fa il mosto che odora i fossi
stendendo a riva rane
ubriache e felici.
Ricorrimi e riprendimi. Piano
reincarnami
con la pietà con cui la foglia
custodisce il sonno
del moscerino stanco.


Claudia Brigato

Una poesia di Andrea Casoli


NON HO


Non ho la certezza di dirti
che sono cambiato:
cammino di nuovo e pensarti
è il viaggio che ho sempre sognato.


Andrea Casoli 3/3/2022

mercoledì 31 agosto 2022

Una poesia di Antonia Pozzi, "Domani"




DOMANI
Se chiudo gli occhi a pensare
quale sarà il mio domani,
vedo una larga strada che sale
dal cuore d'una città sconosciuta
verso gli alberi alti
d'un antico giardino.
Sole, sole violento
e in fondo
le ombrelle nere dei pini
che macchiano l'azzurro.
S'agita nella strada
una folla d'ignoti passanti:
ma nessuno mi guarda,
nessuno mi chiede
di me,
del mio pianto,
di tutto il pianto
che fu versato
quando dovetti lasciare
il mio paese lontano.
Oggi io cammino
senza piangere più
e non m'importa, non m'importa
che l'anima non abbia nulla di suo,
nemmeno più il dolore:
oggi tutta la vita
mi pulsa nel palmo d'una mano,
mi trema in cima alle dita
che serrano teneramente
la manina della mia creatura.
Oh bimbo, bimbo mio non nato,
la tua mamma non sa
che viso avrai,
ma la tua manina la sente
per ogni sua vena
leggera
come un piccolo fiore senza peso.
La mamma oggi è venuta
a prenderti alla scuola
(da così pochi giorni ci vai!
ancora, la mattina,
quando resti là solo,
fai con la bocca un po' di mestolino);
la mamma oggi è venuta
a prenderti all'uscita
ed ora si ritorna a casa insieme,
adagio,
per non stancare
le tue gambine corte.
Vedi, piccolo: bisogna che saliamo
tutta questa lunga strada.
Quando saremo in cima,
entreremo nel vecchio giardino,
sotto gli alberi neri neri;
lo traverseremo tutto;
usciremo dal piccolo cancello
in fondo all'ultimo viale:
fuori,
sul ciglio del primo prato,
c'è la nostra casa.
Bambino, quando saremo giunti
alla nostra casa,
dopo tanto salire,
io ti solleverò alto da terra,
ti metterò nelle braccia
di chi è lassù ad aspettare,
gli dirò: Vedi,
vedi che cosa ti ho portato?
E l'anima,
donato il suo ultimo dono,
resterà nuda e povera
come la spiga vuota.
Ma tu, tu, creatura,
nelle piccole mani porterai,
fiore della rinuncia mia,
tesoro di tutti gli umani,
una speranza di Bene.
Milano, 27 marzo 1931