martedì 28 gennaio 2020

Antonia Pozzi, Bellezza


Perché è così: prima si sbaglia, ci si perde, ci si arrampica per astratte impalcature intellettuali, finché la vita un bel giorno comincia, coi suoi gesti leggeri e sapienti, a richiamarci a lei.
E' come aprire gli occhi ad un tratto e ritrovarsi su una striscia di prato al sole, vicino alle pietre e alle piante. Il senso della vita non è più sparso, nel cervello, nelle mani, negli occhi, ma è tutto raccolto nel centro del petto, come un enorme fiore o come una corazza: e il domani non è più che portare sempre più in avanti quel fiore, sereni, eretti, per una grande strada bianca.
Antonia Pozzi




BELLEZZA
Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –
E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –

4 dicembre 1934

domenica 19 gennaio 2020

Paolo Lisi

Amore che attraversa.
Amore che passa.
Colpisci con la precisione del cecchino.
Poi. Lasciami immaginare, sentire
parlare la tua lingua sconosciuta.
Ti aspetterò.
Altro non posso in questa vita.
Amore che ho provato.
Amore che ho dato.
Che ho custodito e difeso.
Spingimi oltre.
Oltre la miseria di una vita in sordina
di una vita tra le retrovie e le rovine.
Quando non rimane niente
se non le mani aggrappate
alla radice dei capelli e ogni cosa
si scardina dal proprio asse
è tempo di cercarti
come un soldato la guerra il suo finire.
Fammi sentire vivo. Ancora.
Come uno spavento che frana nel riso.
Come uno schiaffo un graffio un morso.
Fammi sentire vivo. Dalle fondamenta.

sabato 18 gennaio 2020

Jules Verne

Sì! L'amo! Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre. Il suo respiro è puro e sano. È l'immenso deserto dove l'uomo non è mai solo, poiché sente fremere la vita accanto a sé. Il mare non è altro che il veicolo di un'esistenza soprannaturale e prodigiosa; non è che movimento e amore, è l'infinito vivente.
Jules Verne

Schopenauer


"Ciò che uno è in sé e ha in sé, in breve la personalità e il suo valore, è l'unico agente diretto della sua felicità e del suo benessere. Tutto il resto opera indirettamente, perciò anche il suo effetto può essere vanificato, mentre quello della personalità non lo sarà mai."

- Arthur Schopenhauer, "Aphorismen zur Lebensweisheit" -

venerdì 17 gennaio 2020

Antonia Pozzi, "Fuochi di S.Antonio"

FUOCHI DI S.ANTONIO
Fiamme nella sera del mio nome
sento ardere in riva
a un mare oscuro –
e lungo i porti divampare roghi
di vecchie cose,
d’alghe e di barche
naufragate.
E in me nulla che possa
esser arso,
ma ogni ora di mia vita
ancora – con il suo peso indistruttibile
presente –
nel cuore spento della notte
mi segue.
17 gennaio 1935

E poi ci sono dei pensieri...

E poi ci sono dei pensieri, delle immagini che teniamo sempre con noi, che lucidiamo perchè non diventino opache, non sbiadiscano nel tempo. E ci sono odori che rimandano a immagini che rimandano a pensieri che rimandano a gesti che rimandano a sguardi che rimandano a emozioni che rimandano ad attese che rimandano a speranze che rimandano a incontri.
Barbara Garlaschelli
[Alice nell’Ombra]

martedì 14 gennaio 2020

Anna Buoninsegni


Te l’avevo detto
non spostarti troppo
su questo lato della mia vita
adesso l’hai fatta ribaltare
e ti guardo da sotto in su
da un rovesciato mare.
Anna Buoninsegni

R. L. Stevenson


Ti ho visto lanciare in alto gli aquiloni
e spingere gli uccelli con moto impetuoso
e ovunque posi il mio orecchio, risuoni
come fruscio di gonne su prato erboso.
O vento che soffi da sempre sul mondo,
o vento simile a un canto dal profondo!
Ho visto sempre quello che facevi,
ma tu, tu eri invisibile ai miei occhi.
Ti ho sentito spingere, ti ho sentito chiamare
ma tu, vento, non ti facevi trovare.
O vento che soffi da sempre sul mondo,
o vento simile a un canto dal profondo!
Tu che sei così freddo e potente
sei giovane o vecchio, nel tuo soffio irruente?
Sei una bestia acquattata in un arbusto
o un bimbo come me, ma più robusto?
O vento che soffi da sempre sul mondo,
o vento simile a un canto dal profondo!
Robert Louis Stevenson

Luciana Jazmín Coronado

Vetrate di Luciana Jazmín Coronado (Argentina, 1991)ita/espa
ti spogli
come se aprissi
un baule di gioielli
il meglio è il tuo brillare
piccole sfumature
di un gatto scuro
i torsi
si espandono
nel lenzuolo bianco
non facciamo spettacoli da circo
qualcosa mi porta
alle tue farfalle amare
e resto lí
pulisco ala per ala
il vento si somma
a questa vittoria
mi tolgo la roba
ti do il gesto
che offre
tutti i frutti
non siamo bestie
siamo vetrate
e lasciamo passare la luce
*
Vitrales
te desnudás
como si abrieras
un baúl de joyas
lo mejor es tu brillo
pequeños matices
de un gato oscuro
los torsos
se expanden
en la sábana blanca
no hacemos funciones de circo
algo me lleva
a tus mariposas amargas
y me quedo ahí
limpio ala por ala
el viento se suma
a esta victoria
me saco la ropa
te doy el gesto
que ofrece
todas las frutas
no somos bestias
somos vitrales
y dejamos pasar la luz
Traduzione: cctm
Foto: Rachel West

MARTHA RIVERA GARRIDO

MARTHA RIVERA GARRIDO
Amo
Amo le tue mani e il modo in cui le usi
non sono invasive né s’impongono
vanno come percorrendo piccoli sentieri
cercando le loro frontiere
Amo i tuoi occhi quando sei dentro di me
perché hanno la profondità delle notti che mi manchi
e perché riempiono le assenze con un’ oscura luce impenitente
Amo il tuo sorriso, quando sei molto vicino al mio viso
e il tuo respiro e il tuo petto, dove meglio sono fiorita
Amo la curva della tua spalla
dove incava qualcosa simile a un’ala
perché appoggi lo sconcerto e gli impacci
Amo il tuo odore che mi perseguita jazzeando
come un racconto di Cortazár
le variazioni della tua voce alimentando il silenzio
Amo il tuo sesso tiepido e ridondante nei miei abissi
il suo sapore, miscela di miele e di fulmine
E amo me stessa aggrovigliata alla tua lingua miracolosa
nella tua bocca, dove voglio morire assassinata.

venerdì 10 gennaio 2020

Piero Bigongiari


Ho amato l'imperfezione come qualcosa
che proseguisse verso la sua forma;
rovescio la clessidra; scopro l'orma
per andare in un'altra direzione.
Vedo l'erba, come in un ralenti,
crescere, e penso senza raccapriccio
- in questi prati tosati per legge -
alle radici, forse che l'immenso
altro non sia che ciò che non misura
che se stesso, e di sé abbia paura;
apro l'ala se stringo un'altra mano,
vado lontano per restare qui,
ma resto dove non sono per andare
dove sono, lontano. Sono come
il suono, sono come l'altra mano.
Stringo un suono lontano, lo costringo
da sciamano, al più piccolo quesito.

Piero Bigongiari

Raffaela Fazio


Volgerà alla fine
anche questa battaglia
non vista
con la naturalezza
dei fossili, dei clasti
a riposo
nel chiuso dei versanti.
In ciascuno
la ressa
di vite, di detriti, la fatica
sarà scasso
per il tempo a venire
- un lascitomigliore.

sabato 4 gennaio 2020

Tolkien - Certe strade....

Certe strade, è meglio intraprenderle che rifiutarle, anche se il loro esito è oscuro. Credevo che i meravigliosi protagonisti delle leggende partissero in cerca di esse, perché le desideravano, essendo cose entusiasmanti che interrompevano la monotonia della vita, uno svago, un divertimento. Ma non accadeva così nei racconti veramente importanti, in quelli che rimangono nella mente. Improvvisamente la gente si trovava coinvolta, e quello, come dite voi, era il loro sentiero. Penso che anche essi come noi ebbero molte occasioni di tornare indietro, ma non lo fecero. E se lo avessero fatto noi non lo sapremmo, perché sarebbero stati obliati.
J. R. R. Tolkien, da Il signore degli Anelli (Le due torri, Sam)

mercoledì 1 gennaio 2020

Antonia Pozzi, Rinascere non sai

Rinascere – non sai:
come la prima carezza vergine
della luce
sul volto di una terra cieca –
e nelle grotte il destarsi dei pastori,
il dolce moto
del gregge che si svincola dall'ombra,
ch'esce –
con i suoi agnelli nati
nell'ultima notte,
con i suoi campani
lavati all'ansa
del fiume –

Antonia Pozzi (da) "Rinascere"