lunedì 6 luglio 2020

Stefano Benni

INGORGO D'AMORE 
Nel serpente di metallo che si snoda
da Rimini a Bologna Panigale
vite disperse in una lunga coda
ci unì il destino dell'ingorgo autostradale
ti vidi là, su un'auto un po' ammaccata
sepolta tra valigie e damigiane
boccheggiante, bellissima, sudata
tra due bambini un salvagente e un cane
tu nella fila interna, io nell'esterna
noi paralleli restammo bloccati
tu all'ombra di un'autocisterna
io tra famiglie di belgi rosolati.
E mi chiedesti: scusi , può vedere
questa dannata fila dove arriva ?
Neanche lo sportello posso aprire
son prigioniera qui, murata viva
ed io lo intesi: prigioniera eri
non della macchina, ma della tua vita
della tua vita senza più desideri .
Ti dissi: starem qui due ore buone
e tu mi rispondesti : anche tre
non era una gran conversazione
ma gli occhi mi ridevano: e anche a te .
Le ore passarono sotto il sole rovente
io ti offrii dei biscotti sbriciolati
dividemmo una birra incandescente
i bambini dormivano spossati.
Tu mi dicesti: la vita è un istante,
si parte, ed è già l'ora di tornare
e un tergicristallo va incessante
su e giù, le nostre lacrime a lavare .
Leggemmo insieme la Guida del Turista
e tremò la sua voce quando disse
" a sei chilometri Motel Bellavista "
galeotto fu il libro e chi lo scrisse.
Calò il tramonto sui cofani infuocati ,
da un'autoradio suonava dolce un piano
dai finestrini nostri allineati
la mia mano si unì con la tua mano
e nell'ingorgo, sola cosa in movimento
la bocca mia si avvicinò alla tua
in un breve fatal tamponamento.
Ma un frastuono l'incanto ci spezzò.
Un urlo! La fila si era mossa
un tornado di clacson risuonò
e dei motori annunciò la riscossa .
E così disperato io ti guardai
sfuggirmi, nella fila poco avanti
e poco dopo io ti riaffiancai
per perderti, dopo pochi istanti.
Per cento volte ti ho perduto amore
cento ti ritrovai nel serpentone
e ogni volta mi si spezzava il cuore
e ogni volta si imballava la frizione
finché mi salutasti con la mano
nel lento gorgo trascinata via
uscisti dal casello di Milano
e dal casello della vita mia.
Scese la notte, e accese tutti i fari
ma dentro me tutto si era spento
sogni e speranze, gioie e desideri
e per ultimo si spense l'avviamento.
E mi trovò sulla strada la mattina
solo, senza più amore
e senza più benzina .
STEFANO BENNI, "Ballat "
i Canguri, Feltrinelli , 1991

Albino Pierro


DUE FRAMMENTI -
I poeti
sono pianto nascosto .
Non cercarne il segreto :
è meglio che tu non sappia
quanto costa il frutto maturo .
Sorridi alla brezza che ci fa lievi .
E' tutto qui il mistero :
un tremore passato chissà dove
a farsi quiete .
*
Questo mio dolore profondo
che ora porto sepolto
forse un giorno lo dirò sottovoce
a un angelo bianco sulla riva di un fiume
nell'ora dei dolci silenzi
in un abbraccio di lacrime e stelle .
ALBINO PIERRO, 1916-1995
in " Metaponto ", " il nuovo Cracas " , Roma , 1963

domenica 5 luglio 2020

Specchio, di Sylvia Plath


Sono d’argento e rigoroso. Non ho preconcetti.
Quello che vedo lo ingoio all’istante
così com’è, non velato da amore o da avversione.
Non sono crudele, sono solo veritiero -
l’occhio di un piccolo dio, quadrangolare.
Passo molte ore a meditare sulla parete di fronte.
È rosa e macchiettata. La guardo da tanto tempo
che credo faccia parte del mio cuore. Ma c’è e non c’è.
Facce e buio ci separano ripetutamente.
Ora sono un lago. Una donna si china su di me,
cercando nella mia distesa ciò che essa è veramente.
Poi si volge alle candele o alla luna, quelle bugiarde.
Vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
Lei mi ricompensa con lacrime e un agitare di mani.
Sono importante per lei. Va e viene.
Ogni mattina è sua la faccia che prende il posto del buio.
In me ha annegato una ragazza e in me una vecchia
sale verso di lei giorno dopo giorno come un pesce tremendo.





Eric Berne

Per pochi fortunati esiste qualcosa che trascende ogni classificazione del comportamento, ed è la CONSAPEVOLEZZA; qualcosa che si leva al di sopra della rievocazione del passato, ed è la SPONTANEITÀ; e qualcosa che è più soddisfacente dei giochi, ed è L' INTIMITÀ.
Ma sono tre cose che possono rivelarsi insopportabili e addirittura pericolose per chi non vi è preparato. Forse costoro stanno meglio così come sono, cercando la loro soluzione nelle tecniche popolari di azione sociale, come quello "stare insieme" che è un modo di vivere con gli altri senza arrivare per questo all'intimità.
Questo significa forse che se non c'è speranza per l'umanità, c'è almeno speranza per i singoli esseri umani.

Yves Bonnefoy, La luce profonda...



La luce profonda ha bisogno per apparire

D'una terra sfinita e spezzata dalla notte.

E' d'un legno tenebroso che la fiamma s'esalta.

Occorre alla stessa parola una materia,

Una riva inerte al di là d'ogni canto.
Dovrai varcare la morte perché tu viva,

La più pura presenza è un sangue versato.

sabato 4 luglio 2020

Ode a un usignolo, Keats.


Svanire e dissolvermi, per dimenticare per sempre
quello che tu fra le foglie non hai conosciuto mai,
l'abbattimento, la febbre e l'inquietudine della terra
dove gli uomini odono l'uno dell'altro i gemiti;
ove la paralisi fa tremare gli ultimi melanconici capelli grigi,
dove la giovinezza diventa pallida e spettrale e muore;
dove il solo pensare riempie di dolore e di disperazione
le palpebre di piombo,
ove la Bellezza non può serbare i suoi occhi lucenti,
e il nuovo Amore struggersi per essi oltre un nuovo giorno.



... Fade far away, dissolve, and quite forget
What thou among the leaves hast never known,
The weariness, the fever, and the fret
Here, where men sit and hear each other groan;
Where palsy shakes a few, sad, last gray hairs,
Where youth grows pale, and spectre-thin, and dies;
Where but to think is to be full of sorrow
And leaden-eyed despairs,
Where Beauty cannot keep her lustrous eyes,
Or new Love pine at them beyond to-morrow.


Sibilla Aleramo

Più profonda la silenziosa esultanza,
anche se venata di malinconia,
nel ricevere, improvvisi
e quando più non oso sperarli,
isolati messaggi d'amore
verso quel che di me non perirà.

giovedì 2 luglio 2020

Anna Maria Ortese - da "Corpo celeste"

Ora, io vorrei chiedere a chiunque mi ascolti - aspettando risposta, naturalmente, solo nel cuore: credete davvero che la vita uma­na sia sempre e solo trionfo sull'altro?
Che per essere contenti della propria vita bisogna aver posato il piede sul capo dell'altro?
Cre­dete che i deboli ‑ paesi o individui ‑ debba­no essere eliminati anche se in modo indo­lore?
Credete che zingari, poveri, pastori di greggi; che poeti, scrittori, preti e maestri non di parte o isolati, che attraversano que­sta vita lieti come fanciulli e vigili come ma­dri, non servano proprio a nulla, e la vita, la società, lo Stato possano fare a meno di essi?
Credete che tutte le diversità interiori - assolutamente prima delle accidentali diversità fisiche o di comportamento - non siano, insieme alle macchine e a una ordinata produzione, gran parte della ricchezza reale di un paese?
E che un paese non sia tale, non sia un paese, se non a causa della sua lingua e dei suoi pensieri, altrimenti lo vedremmo decadere a massa informe?
Molte, a queste domande, potranno essere le risposte, ma oso pensare che, sostanzialmente, si sia d'accordo.
Un paese, come non deve mancare di corsi d'acqua, di sorgenti, di nuvole, deve ave­re cura, o consentire la crescita, di anime, coscienze, grazia, linguaggi puri, ombre azzur­re, altissime: o perirà.
Si asciugherà il suolo, se mancano acque e foreste; si perderà la nazio­ne, se mancano anime e coscienze.
Se non sarà legittima qualsiasi forma di profondità e di coscienza, il paese più forte perirà.
È stata questa la mia massima esperienza.

Edmond Jabès


Bisogna aspettare talvolta anni
perché l'istante che ci ha segnato
ritrovi la sua voce,
allora esso parla
senza che noi possiamo più
fermare il corso delle sue parole.


Ovunque io vada - Miriam Bruni


Ovunque io vada
"catturo" Bellezza.
Ma quale obiettivo
- per quanto geniale -
profumo o frescura
potrà immortalare?

mercoledì 1 luglio 2020

pensieri sulla Poesia (MB)


La Poesia è 
anche 
pittura dell'invisibile, 
melodia dell'inudibile, 
danza dell'indecifrabile.


mia NOTA DI LETTURA a "Terra di santi e di perduti in terra" di Serena Vestene

Lavorare su qualcosa dovrebbe essere l'occasione di un approfondimento e di un servizio. Un modo per meglio conoscere questo qualcosa, impastando ad esso elementi ed energie proprie. Ecco la mia noticina al libro dell'amica Serena, di cui già conosco lo stile e la profondità umana. Tra virgolette metterò i termini usati dall'autrice e le pagine dei testi cui faccio riferimento via via.
Di solito non do molta importanza alla copertina, ma questa mi piace proprio: nel tronco dell'albero c'è il tronco dell'Uomo, che tiene in braccio la Donna. Dal fusto si dipartono rami ricciuti e adorni di collane, frutti dell'amore, mi dico, doni a una bellezza riconosciuta e quindi esaltata, festeggiata. È dunque un albero metafisico? L'albero della vita? L'albero della riconciliazione tra maschile e femminile? I suoi rami sembrano tratteggiare quei motivi antichi, damascati...(Avete presente?) I puntini che colorano il disegno trasmettono leggerezza, fiducia, serenità, e ora che ci riguardo mi chiedo se l'uomo con l'aureola non sia il Redentore, quel Cristo che si prende cura dei santi e dei perduti...e non "congeda il meglio dei corpi" (cfr. p.10) ma anzi si abbassa "al mio petto per elevarmi allo stacco del cielo" (cfr. p.12)


La Poesia è forse pittura dell'invisibile, melodia dell'inudibile, danza dell'indecifrabile.


Il "Tautogramma per Santa Lucia" è un testo molto riuscito, da cima a fondo, sia a livello fonico che contenutistico: viene celebrata l'opera e l'incanto di una Santa cui ci rivolgiamo per la luce degli occhi, per le nostre miopie sia fisiche che spirituali. Lucia viene rappresentata come una presenza benigna e premurosa su quelle ansie che strozzano la vista dell'Anima, come una donna che è stata capace di mostrare un "altare" cui possiamo nutrirci, un "aldilà" cui possiamo abbracciarci, un andirivieni angelico sui nostri amori spesso avvizziti e che più non sanno riconoscere e gustare l'adagio del sacro...


In netto contrasto con le descrizioni poetiche dei santi, vi sono in questo libro aspre denunce del mondo contemporaneo, soprattutto quando si fa sopraffare dalla robotica, dall'avidità e dalla massificazione delle coscienze. Vi colgo anche una sorta di sguardo sofferente per tutti questi "uomini e donne dalle tenebre incollate alle tempie e ai piedi e con la testa spappolata di spettri". (p.47) Uno sguardo pietoso e consapevole sulla vita dura e sola dei "senza casa", (p.19) e uno sguardo illuminato e compassionevole verso quei mali corrosivi anzitutto per chi lo omette, il bene, e non sa ribellarsi al regno di quel "Piccolo pidocchio d'odio" che troviamo a pag. 27.


I film sui santi sono sempre di scarsa resa...Credo che questa silloge abbia invece dimostrato come il pathos sincero e l'attenzione allo "spirituale" possano giungere a setacciare e suggerire anche quelle forme e atti interiori che si svolgono "nel segreto" degli animi, attraverso un linguaggio poetico certamente ermetico, a tratti direi "visionario", lampeggiante di brevi immagini e pennellate leggere e veloci - ma comunque incarnate.


Ed ecco che arriviamo alle "chiavi" del regno. Nessuno le possiede, anzi qui sulla terra spesso diamo o subiamo spinte abusanti che non hanno nulla a che vedere con esse (p.45).
Che l'esperienza di santi e dei perduti non sia vana, non ci lasci frustrati, e al "verbo dei morti" non cessino di ribellarsi le nostre "budella": aiutiamoci a credere e a sperare che tra gli "ulivi" del Tempo ci attende la "seta" del Suo sguardo, e la gioia dei piccoli quando giocano sereni...



                                                                                                             Miriam Bruni

Giovanna Rosadini Salom, sulla poesia

Sono più che convinta che, in poesia, si possa dire di tutto. A patto di preservare la costitutiva differenza di linguaggio che la caratterizza, che è un linguaggio intensificato, condensato, ritmico, immaginifico.
Anche una poesia cosiddetta “riflessiva, meditativa, esistenziale” è in qualche modo una “poesia politica, o sociale”. Lo è in quanto, come nel mio caso credo e spero che sia, “poesia onesta”, per dirla alla maniera di Saba, poeta oggi non più di moda, nonostante la sua sia stata una grandissima lezione. Quando si scrive per una reale necessità, e coerentemente con il proprio modo di sentire e pensare il mondo, allora si fa politica, nel senso che si testimonia una propria attitudine e se ne rendono partecipi gli altri. Chi cerca seriamente la propria verità nella scrittura, mantenendo vivo e vitale il linguaggio, svolge un ruolo sociale, e fa politica attiva.

Giovanna Rosadini Salom