martedì 21 aprile 2020

Dicono di me

Il suo nome è Viviana, e questo commento è suo (ed è stupendo!):

Eccomi Miriam. Mi hai chiesto, tempo fa, cosa pensavo delle tue liriche. Uno o due pareri li avevo già scritti qui, sul giornale dove avevo letto tutte le liriche che avevi postato. Nel tempo che ho seguito l’ Undici avevo però acquistato due raccolte delle tue liriche: ”Cristalli” e ”Coniugata con la vita. Al torchio e in visione”. E’ in ordine, nella mia fedele libreria, ”Credere nell’ attesa”.
Ho ricevuto un’ educazione particolare riguardo alla Poesia. Il mio professore di Lettere la amava profondamente, oggi direi disperatamente. Amava i grandi Ermetici del Novecento, amava Leopardi, amava la passionalità tragica dell’ Iliade. Recitava in classe le poesie e i brani che ci faceva imparare a memoria; valutava la nostra performance recitativa. Niente commenti, men che meno versioni in prosa. Un docente coraggioso per l’ epoca, un uomo buono, sensibile, ricco di pathos, che è diventato il poeta per eccellenza della mia terra bella, selvaggia e cangiante. Lui non c’ è più. Resta in noi il suo ricordo, il suo alto Magistero. So che avrebbe portato in classe le tue liriche, Miriam. Ce le avrebbe donate come solo la sua maestria sapeva fare. Avrebbe recitato per sé, certo: per sentirle vivere e risuonare dentro di sé, le tue liriche. Io le avrei lette nella mia stanzetta che guardava prati e cieli infiniti, le avrei rilette, cercando di penetrare fino in fondo i significati, recitandole dentro di me più e più volte nel tentativo di arrivare alla soglia ultima della tua anima e ai significati ultimi delle tue parole. Né io né nessun altro al mondo ci riusciremo mai, Miriam. Per questo le tue liriche sono Poesia. Le tue liriche parlano di quotidianità, spesso sofferta. Il registro linguistico è molto personale, inusuale, singolare. Le parole illuminano vissuti, emozioni, sentimenti con grande maestria, e danzano nel cuore, si rincorrono nella mente, penetrano l’ anima con levità e grazia e, nel contempo, con pennellate intense d’ impressionismo e realismo, che sono senza dubbio la cifra della tua intensa comunicazione poetica. E trasmettono emozioni e visioni chiare, cangianti e sempre più intense ad ogni rilettura. Sono tutte belle le tue liriche, Miriam, tutte pregnanti e delicate. Rileggo sovente la lirica ”Agosto” perché ho perso pochi anni fa madre e sorella per cancro. Mi affascina ciò che dici a tua madre. Le dici che ti senti nube muta. Vuoi trovare da sola, come solo i poeti sanno fare, la parola che definisce i cortei celesti di cui ora ti senti parte. La leggo e rileggo, cercando disperatamente di arrivare là dove vola la tua contemplazione e il tuo sentire. Non posso giungere là dove volano le tue profondità di cui le cristalline parole indicano la strada. E’ Poesia la tua, Miriam, Poesia pura, che riesce a vedere ciò che gli altri non possono vedere. Nelle tue liriche parli molto della quotidianità sofferta della donna e la trasformi in un soffio etereo dell’ anima, che brilla di colori vividi e delicati al contempo. Leggo e rileggo queste tue parole così nuove e singolari, cadenzate con ritmo pacato e mite eppure suadente che sospinge inesorabilmente verso quelle profondità che appartengono inevitabilmente, misteriosamente solo al Poeta. Sulla soglia della Magia di cui la Poesia si ammanta, io devo lasciarti a quella parte di anima che solo a te appartiene, Miriam. Dimmi, Miriam: chi può invero penetrare l’ ultima soglia delle due pur semplici parole di Ungaretti: “M’ illumino d’ immenso” ? Per quanto queste due indescrivibili parole suscitino emozioni sempre nuove, visioni chiare e sempre cangianti, nessuno attraverso esse e le emozioni soggettive pur profonde che esse suscitano può arrivare a quello spazio immenso del profondo sentire del Poeta che solo al Poeta appartiene.
”I Poeti sanno vedere e le immagini che essi offrono ai nostri occhi sono più vere delle immagini reali”. Questa, per me, è la definizione che più d’ ogni altra si avvicina alla natura della Poesia e del Poeta.
Le tue liriche, Miriam, viaggiano leggere e solenni nella dimensione celeste che appartiene ai Poeti. Aveva ragione il mio amato e compianto docente: Poesia è Magia; Poesia è Mistero; Poesia è Incantesimo; Poesia è Dono. Dimmi Miriam: a chi è dato di entrare nell’ arcana segretezza del Dono?
Infine, dunque, io lascio danzare nella mia anima, secondo il loro ritmo le parole delle tue belle poesie, Miriam, le lascio pulsare in libertà dentro il cuore, ne ripeto parole, versi e, a volte, testo, lasciando che significanti, significati e ritmi s’ inseguano e s’ intreccino nel loro canto commovente.
È dalla prima adolescenza che le vere Poesie aleggiano impalpabili e tenaci nella mia memoria, come fanno i gabbiani con l’ acqua di mare ch’essi sfiorano battendo incessantemente le agili ed instancabili ali.
Penso, in verità, che solo un altro poeta può leggere, recitare, parlare con cognizione e proprietà di Poesia e Poesie.
Tuttavia i Poeti donano a tutti noi le loro parole e, pertanto, tutti possiamo fruirle, amarle, parlarne persino, chiedendo venia per la nostra inadeguatezza.

Prendimi come

sabato 18 aprile 2020

Intervista per scritto.io (aprile 2020)

Descriviti con tre aggettivi
Scoscesa, concisa, contesa. Trovate questi aggettivi nell’incipit della mia penultima raccolta. E sono anche i titoli delle prime tre sezioni del libro. Sono termini che l’ispirazione e la COGITATIO interiore mi hanno regalato due estati fa circa, a dire la mia sincera inclinazione alla sintesi, la perlopiù costante convivenza di elementi contrastanti nel mio intimo, e la mia predilezione per i “paesaggi montani e anche impervi, i sentieri poco affollati, il silenzio o comunque le voci della Natura”.
Descrivici la parte della tua casa che ti piace di più.
La mia zona notte, quella che resta più in ordine di tutte. Ho una testiera del letto a ponte, su cui ho libri di poesia, foto di famiglia in belle cornici, qualche targa ottenuta in seguito alla mia partecipazione a Concorsi Letterari. A sinistra del letto c’è una grande finestra da cui è visibile l’appennino modenese con il Cimone spesso innevato. Alla parete due immagini su tela, uno rappresentante una ballerina e l’altro un magnifico salottino che ho intitolato “House of my dreams” tanti anni fa, una stanza che mi dà piacere anche solo guardarla, con quelle pareti viola e un mazzo di tulipani sul tavolino.
Di cosa trattano in genere i tuoi libri?
Di sentimenti umani e di quanto ci accade nella vita. Del modo in cui la sensibilità interpreta ciò che vede, riceve, subisce, attraversa.
Da dove nasce la tua ispirazione?
Dall’intensità dei momenti vissuti: intensità del dolore, della gioia, del senso di sconforto o al contrario di giubilo. Dalla contemplazione del Creato, e dall’esperienza della fede. Dal desiderio di intimità con il Senso delle cose. Dal gusto per le sensazioni e per la vita spirituale.
Quanti libri hai pubblicato? Ce ne vuoi parlare ?
Ho pubblicato 5 libri, tutti di poesie, abbinate negli ultimi tre casi a fotografie: di quadri, sculture, o scatti miei. Il primo fu Cristalli, il secondo Coniugata con la vita, il terzo Credere nell’attesa, il quarto Così, il quinto Falesìa. Sono tutti richiedibili alla sottoscritta oppure ordinabili negli Store online. Mi sono tutti cari, li lavoro a lungo e spero che abbiano tutti lunga “vita”! 😉
Qual è lo scrittore che ti ispira di più, e perché?
Conosco l’intera opera poetica di Salinas, ne apprezzo molto il concettismo unito all’amore per la tradizione classica, e ho una particolare predilezione per lo stile dickinsoniano per il fatto che l’autrice abbina un forte anelito contenutistico ad un altrettanto originale stile formale. Proprio come intendo fare io. Non ho comunque maestri o modelli particolari: la poesia in me segue impulsi e itinerari decisamente individuali, pur confrontandosi quotidianamente con poesia di autori del passato e contemporanei.
Alcuni scrittori sono metodici, rileggono spesso i loro lavori altri invece scrivono di getto, tu che tipo di autore sei?
Sono metodica ma mi capita anche di scrivere “di getto”. A volte infatti singole poesie vengono alla luce velocemente, quasi come un dono dall’alto, una visione interiore che ha già in sé una ottima rifinitura. Ma perlopiù sono solita rileggere e apportare piccole modifiche alle mie bozze per spostarle in un file di “inediti” solo quando raggiungono una buona approssimazione al loro volto definitivo, quello cioè di testi selezionabili per andare a costituire un nuovo libro!
Progetti letterari futuri, sogni, idee da attuare per la tua vita?
Una raccolta tutta dedicata alla parabola amorosa, probabilmente abbinando i testi ad un progetto fotografico molto particolare su cui per ora mantengo il riserbo e un settimo libro che racchiuderà i testi scritti in questi ultimi due anni.
Mi piacerebbe che l’Arte continuasse a rappresentare per me un’occasione di incontro, di viaggio e di esplorazione: umana, geografica, culturale!
Gradirei anche allargare il bacino dei miei lettori e la collaborazione con altri autori.

  Miriam Bruni

Chandra Livia Candiani


"La fiducia va coltivata, come una pianta, come un orto. Una fiducia indomabile, ma non concettuale, quella fiducia provata dal senso di vastità che si crea nel petto quando ci si fida. La fiducia è un tuffo, un coraggio folle, siamo tutti feriti nella fiducia, ma la ferita guarisce nel rinnovare il tuffo. L’etica crea fiducia, se siamo etici e sappiamo di poter tenere per mano le nostre azioni, i pensieri e le parole, sul bordo degli abissi dell’ambizione, del sopruso, della maldicenza, della competizione, dello sfruttamento, del primeggiare, della brama, se sappiamo di poterlo fare, arriva la fiducia che anche gli altri lo possano fare. Si può scegliere.
Quello che seminiamo nel presente è il nostro futuro."
"La poesia… quello che conta per me non è la poesia ma il luogo da cui proviene. Essere fedeli a quel luogo, frequentarlo, è luogo solitario e disobbediente alle convenzioni, anche a quelle letterarie, certe volte parla, certe volte tace. Obbedisco."
Chandra Livia Candiani

Rafael Alberti, "Stamane, amore, abbiamo vent'anni"


Stamane, amore, abbiamo vent’anni.
Vanno volutamente piano, intrecciandosi,
le nostre ombre scalze per la strada tra i giardini,
che oppongono agli azzurri del mare i loro verdi.
Tu sei sempre un’apparizione,
sei la luce giunta una buia sera,
quando il giovane senza meta dalla città ritarda,
pensoso, di proposito il suo ritorno a casa.
Tu sei sempre quella che al mio fianco
va cercando il segreto declivio delle dune,
il recondito pendio della sabbia, il celato
canneto che crea
cortine agli occhi marini del vento.
Là sei, là sono davanti a te, controllando
l’alta temperatura delle onde felici,
il cuore del mare ciecamente sorto,
morendo in frammenti di dolce sale e di spume.
Poi, tutto ci guarda allegro, sulle rive.
I castelli in rovina sollevano i loro merli,
le alghe ci offrono corone e le vele,
preso il volo, vogliono cantare al di sopra delle torri.
Stamane, amore, abbiamo vent’anni.
Rafael Alberti

Commento di R.A. alle mie poesie

Nelle tue poesie sembri vestita di seta, sembri indossare un abito che il vento può modellare, levigare e persino togliere, senza che questo crei imbarazzo. Poi, però, a una lettura più attenta, ciò che sembra evidente è punteggiato di fondali, di qualche ostacolo da aggirare, di strettoie involontarie e di indicazioni sottaciute.
Ecco allora che, di fronte alle nostre esigenze inascoltate e alle ferite mal curate, confondiamo i rami con le foglie, ci appoggiamo a muri fragili, ci tuffiamo nella bellezza, ci affidiamo alle carezze degli angeli, scopriamo la solitudine, ci interroghiamo su che cosa ci lascia il dolore e, infine, ci abbandoniamo alla sola cosa in grado di attraversare, rovistare, trasformare, sigillare lo spessore.
La sola cosa che consente di guardare qualcuno srotolato, rilucente, disarmato. La sola cosa che permette di dire senza arrossire: “Vangami. Ripesca il mio color di mora” (difficile spiegare quanto arrivi intensa questa splendida poesia; la stessa cosa accade a questo verso: “Prendimi come fa il sole quando possiede la siepe e ne muta finanche il colore”).
La sola cosa che ci permette di ricordare il profumo degli abiti puliti sotto il ferro e il vapore. Lucore del tatto, mani come candele accese, capelli morbidi. I figli, Dio, l’amore. Qualcuno a cui fare da guanciale, da estuario di sogni, per cui diventare spiga, fiume, pane. Perché, al di là del nome, è questo il divino fulgore “che conosce il mio nome e lo sa pronunciare”.
Mi piace moltissimo anche la poesia in cui citi Tolé. Ha un nome così bello quel luogo. Non l’ho mai visto, ma la prima volta che l’ho sentito avrei voluto anch’io scrivere qualcosa. E’ raro, nella nostra lingua, che i nomi siano accentati. Ora so che prima o poi vi andrò a cercare le nubi grasse di luce che covano le cime dei castagni.
Grazie, Miriam, per le tue poesie. Le ho lette cercando di fare come i pittori cinesi di fronte ai colori dei bizantini: levigando la parete per ascoltarle e, per quanto possibile, rifletterle. Mi hai fatto un grande regalo.

L'immagine può contenere: cielo e spazio all'aperto

Mario A.Puig

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Luisa Muraro



"C'è sempre qualcosa che non ci sta, non quadra, casca fuori o resta indietro, qualcosa di molto reale, intendo, per cui, di fatto, non si conclude né si decide senza ricorrere a forzature, quanto grandi non lo sappiamo, ma purtroppo non abbiamo argomenti per ritenere che quel che resta fuori, o che c'entra ma sforzato, sia cosa da poco, potrebbe anche essere l'essenziale, potrebbe essere ciò di cui più sentiremo la mancanza."

Luisa Muraro

Joumana Haddad

Accoglimi,
una sola cosa è necessaria,
raccoglimi a flutti nei tuoi occhi,
fissa le tue vette nei miei abissi,
incidi i tuoi bordi sulla memoria dei miei palmi.

Joumana Haddad

giovedì 9 aprile 2020

Miriam Bruni, Non si sa che farsene dei poeti - Lo si dica -

Non si sa che farsene dei poeti - Lo si dica -
Se non cave di articoli
presto abbandonate
e qualche sparuta intervista.
A onor di cronaca non mancano
struggimenti in Do maggiore
in quella speciale ricorrenza
che è il suicidio d'artista.
Ma nel quotidiano via vai della rete
- Bar del tempo di grandi
solitarie bevute - si è soliti accodarsi
alle molte dicerie, o talvolta
condividere in bacheca singole
fortunate poesie. Ma il loro canto no,
lo si percepisce appena
- Figuriamoci quando arretra
e sono più soli ancora
sfiancati dalla lotta per aprirsi
e condonare - nonostante le paure
e le mille fitte oscure.

mercoledì 1 aprile 2020

E. Dickinson, Legami, potrò ancora cantare


Bind me - I still can sing -
Banish - my mandolin
Strikes true, within -
Slay - and my Soul shall rise
Chanting to Paradise -
Still thine -

Legami - potrò ancora cantare -
Scacciami - il mio mandolino
Risuonerà sincero, dentro -
Uccidimi - e la mia Anima salirà
Inneggiando in Paradiso -
Ancora tua -




To die - without the Dying
And live - without the Life
This is the hardest Miracle
Propounded to Belief.
   Morire - senza la Morte
E vivere - senza la Vita
È questo il più arduo Miracolo
Proposto alla Fede.

Wallace Stevens, L'uomo di neve


L'uomo di neve

Si deve avere una mente d'inverno
per guardare il gelo e i rami
dei pini incrostati di neve,
e avere freddo da molto tempo
per vedere i ginepri irti di ghiaccio,
gli abeti ruvidi nel luccichio lontano
del sole di gennaio, e non pensare
a una pena nel suono del vento,
nel suono di poche foglie,
che è il suono della terra
percorsa dallo stesso vento
che soffia nello stesso nudo luogo
per l'ascoltatore, che ascolta nella neve
e, nulla in sé, vede
nulla che non sia lì, e il nulla che è.

Stevens