martedì 28 dicembre 2021

Il Femminile secondo G.La Porta

 Il FEMMINILE come facoltà dello spirito,

secondo Gabriele la Porta
"E' la tolleranza, è la capacità di abbandono e di tenerezza, è la curiosità verso il nuovo, è l'accettazione del diverso, del debole, dello straniero. E' l'energia che guida il mondo. E' il sentimento dolce e rutilante, forte e languido, erotico e avvampante che sussurra alle creature il mistero della vita."

lunedì 27 dicembre 2021

Nina Cassian https://www.minimaetmoralia.it/wp/poesia/chiamami-col-mio-nome-nina-cassian/

Mi tagliano in due il fiume e la luna
e la notte mi cola come sangue dalla bocca.
Un tempo ero una, un tempo ero una!
Non sapevo così selvagge le rocce.

Arrivavo con le orbite piene di fiori,
il vento azzurro indosso.
Cantò la terra feconda: «Tu non muori!».
Suonava la mia carne sulla lira d’ossa.

Mentre cadevo, come in un sogno d’asce, ecco, la luna
e il fiume mi tagliavano in due. Ripeto:
Un tempo ero una, un tempo ero una!

La parte con la testa me la prendo
e la cullo adagio.

 




Sono qui che aspetto – come ho aspettato un anno dopo l’altro – / che mi neghino / il diritto alla poesia, a un’arancia, / fors’anche alla condizione di essere umano / la mia identità –sempre più incerta […] alla fine / i dinieghi che mi assediano / definiscono la mia stessa persona /proprio come il lanciatore di coltelli / ricava la sagoma perfetta della vittima / dai coltelli lasciati sul fondale […]”.

Una poesia di Nella Nobili

 La luce del giorno

Io sogno un mattino ideale. Un mattino che porto trepido
nel cuore
Da tanti anni.
Quanti anni? Secoli.
Non ricordo chi me l’ha descritto ma sento ancora la sua
voce tenera
come il mattino.
… E il sole nasceva dietro i monti e l’aria si tingeva di
rosa e tutte le cose palpitavano nel risveglio…
Oh, se potessi vedere, se potessi sentire!
Il mio mattino è triste: mi attende la fabbrica con le sue
luci elettriche accese in eterno.

venerdì 3 dicembre 2021

Una poesia di Patrizia Sardisco

Ho rivangato, ma per la mia voce
qui non c’è segnale.
C’è assenza di campo lessicale
e un rifiuto tossico di ascolto
che m’inquina la semina d’inverno.
Ma ho un quaderno, per fortuna, e penna:
mi curverò di nuovo a germogliare.


Patrizia Sardisco

mercoledì 1 dicembre 2021

mercoledì 24 novembre 2021

Wislawa Szymborska La vita – è il solo modo

La vita – è il solo modo

per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;
essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;
stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.
Un’occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;
e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l’erba;
e seguire con gli occhi una scintilla
nel vento;
e persistere nel non sapere
qualcosa d’importante.
Wislawa Szymborska

Una poesia di Sonia Tri

In mano, le mie porcellane

dalle tinte immacolate delle nuvole :
bianche, rosee, azzurre.
I loro fiori minuti, colti da un cortile d'infanzia,
che emana ancora luce
e profumo di festa oltre l'esistenza.
Non ho mai bevuto da queste tazze delicate.
Ho solo amato tenerle in mano e guardarle,
per tutta la vita.
Pensando solo di portarle con me,
un giorno.
Come loro, tante cose ho sempre
e solo guardato.
Rimanendone aggrappata
allo stesso modo,
con la stessa forza, lo stesso piacere
di un'attesa benevola.
Promesse liquide e dolci,
come piogge di primavera.
Lacrime inghiottite da un bacio

Sonia Tri

Una poesia di Alessia Federici

È questo costante dovere
Partorirmi da sola
Che mi sfianca,
Tenermi la fronte
Quando guardo in basso
Per non cadere
Gioco
A nascondino con le ombre
Rimango
Acquattata fra le alghe
La casa si è allagata
E tu m’insegni
L’ impermanenza delle cose
Fra le quali:
L’abbandono


Alessia Federici

Una poesia di Ezio Falcomer

La poesia è una sostanza psicotropa,
si scrive prima di tutto con l'inguine,
col desiderio, con il cervello
in festa, o in lutto,
ma sì anche col cuore
(roviniamoci),
si scrive stando all'ultima spiaggia,
in contatto con i morti
e con gli spiriti della foresta,
con gli dèi, Dio compreso,
con i sussulti molecolari.
La poesia è una carovana di nomadi.
L'infinito cotto a fuoco lento.


Ezio Falcomer

venerdì 12 novembre 2021

Una poesia di Claudia Brigida Speggiorin

Gloria al tuo corpo

e al mio, che soggiace al tuo.
Gloria alle membra
e al rimembrarci
quando tu, uomo del futuro
io, donna del domani
( in quale curva di tempo
sospendiamo il passato
dentro un respiro?)
parliamo la stessa lingua
rimettendo ai baci
un debito di labbra.
Amo del Mediterraneo
le coste assolate del tuo sorriso
senza doppie, quando
bela, belissima
risorgo capra
in un orgasmo.
E ridiamo.
E ci rimettiamo a oggi.
Claudia Brigida Speggiorin

lunedì 8 novembre 2021

Poesie di Agnes MK

Ultimo atto
(gioco di parole)


Vieni
E’ aperta la porta
al suono distante dei passi
Tu temi alla soglia il dolore,
io tremo pensando al fragore
che accese di voglie non nostre
Vieni
A noi spetta la pace, non fuoco
ma brace, sassi nel cuore
Ci piace ormai spegner parole,
fa poco rumore l’amore che tace.


Omaggio a Jaques Lacan

(gioco di parole)
Sarà che son rinata da uno schianto
ho dentro me il ricordo (o meglio il vanto)
di quando mezza morta in “quel” reparto
guardavo fuori (io dentro il blu cobalto
di un mio maglione caldo a collo alto)
il mondo che muoveva inutilmente
le vite intere (agli occhi della gente)
non più il mio simulacro precedente
(un “abito” dismesso nel presente)
Di me ogni vita, in morte, era sospesa
non c’era meta a cui non fossi arresa
soltanto la mia mente (“l’impotente”)
amava specular tra il tutto e il niente
e il nulla sono stata io a sperare
potere, con impegno, diventare
Non sono mai tornata quel che ero
di niente son rinata, quest’io spero
e se vi prende un senso d’importanza
indosso il mio maglione e quella stanza:
mi basta a immaginare tutto il mondo
lui dentro, io fuori (so che vi confondo)
gridando a tutti “lo disse Lacan:
re che si crede re bene non sta!’

mercoledì 3 novembre 2021

Ungaretti: "Commiato"


Commiato

Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo l’umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento

Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso.

(Locvizza, il 2 ottobre 1916)

domenica 31 ottobre 2021

Due poesie di Fernanda Ferraresso


verrò verrò, non serve promettere
verrò con passo sicuro e lento
verrò ad acquietare il tuo tormento
con fiori di bruma e prensili affreschi
di albe e tramonti ti mostrerò la via
per non confonderti.
Verrò chiara nell’oscura tua domanda
ai tuoi occhi sarò distinta di un futuro che non si paga.
Verrò da te e sentirai bruciare tutte le tue resine.
Verrò verrò te l’ho detto già dall’inizio. Verrò
inginocchiata fasciando i tuoi passi di cera
brillerà la tua sera
sarò saremo
infinita distesa

************************

conosco bene l'età che ho
ma dentro di me non è la stessa
a volte c’è qualcosa una specie di freschezza
che mi tiene al sicuro
architetta per me skylines senza frontiere
una continuità di forme anche dentro l’oscurità dei miei giorni
e più mi concentro e più mi sento leggera
senza peso la gravità che ci lega
tutto il mondo è a portata di mano
gli errori che comunque si fanno
insieme a quelli che avrebbero dovuto istruirci
dovevano essere fatti
senza perdersi anzi rimboccandosi le maniche
per riscrivere l’ombra e l’oscurità che la occupa
senza finzione senza segreti con se stessi
un cammino tra rami che si spezzano
e piedi che si fanno paesi tra profumi d’inverno
l’amarezza e la dolcezza del silenzio
che si prolunga fin dentro il cuore
disegnandone un capolavoro d’ore
riparando il tempo comune svolto tra paure e attese
come ingranaggi in cui cadiamo
noi tutti la stessa collezione di profondità
in paesaggi mai studiati prima
mai visti se non tra un sogno e l’altro
qui altrove

mercoledì 27 ottobre 2021

Una poesia di Hilde Domin


IL GRANDE SOFFIO

La parola accanto a me
l’orlo della parola
vicinissima
respirare a fondo
la pelle
tra la parola e me
respirare a lungo
il grande soffio
dove volano le parole
Hilde Domin

mercoledì 20 ottobre 2021

Tempesta sedata - di Maria Felicetti

Tempesta sedata


Infuria il mare cieco della prova
quando il vento del dubbio divora
le ultime fibre di luce coi suoi tarli,
i suoi fantasmi, e schiaffeggia
la fragile barca della vita,
sballottata come foglia,
mentre il Cielo tace, lontano.
Nel vortice del lamento si spegne
l'azzardo dell'oltre.
L'acqua toglie il respiro,
e gli occhi sbarrati
cercano l'approdo, persi
a lottare contro la notte.
Ma vana è la foga del remo,
folle l'utopia prometeica di salvare,
di sfuggire alla fine
con la penuria delle sole forze,
così contro il muro di quelle onde
si frangono cadenze d'orgoglio.
Affonda il cuore, preda della paura.
Ma un grido disperato,
quasi un'estrema àncora,
a un tratto lacera il buio e desta
passi di grazia. Parole sorgive,
come un tuono comandano al vento,
dissolto in un sospiro.
In un attimo si placa il caos,
ed è grande bonaccia,
alba nuova iridata.
Ora so, il tuo silenzio era
presenza che non invade
accovacciata ai miei piedi,
attesa del prodigio della mia fede,
voce di giglio annodata al mio fiato.
Eri nel fondo oscuro della tempesta,
come seme nascosto nella terra,
stella regale che guada
il Mar Rosso dell'avversità,
e sospinge più in là.
Con Te è vinta la burrasca,
con Te si passa ad altra riva.

martedì 19 ottobre 2021

sull’avventura della permanenza... Milo de Angelis

Solo nel ritorno si attua la nostra attesa più urgente: sapere cosa ci è veramente accaduto, cosa avveniva dietro le quinte di ciò che abbiamo visto, nel fondo assoluto che sostiene la nostra esperienza. Ascoltare questa rivelazione diventa il compito e, nello stesso tempo, il fondamento della parola poetica. Di quali luoghi possiamo parlare se non di quelli che abbiamo conosciuto e che ci hanno conosciuto? Tutto il resto è turismo, new age, esperimento. Perché lo sperimentalismo ci appare così fatuo? Perché è legato alla curiosità e all’ingordigia. È legato a uno sguardo che non è riconoscente per quanto ha avuto: sguardo libertino, nel senso della vita estetica di Kierkegaard. Per noi che non ci stanchiamo mai di interrogarci, è improsciugabile l’acqua di ieri, per noi che conosciamo l’avventura della permanenza.

Milo de Angelis

domenica 17 ottobre 2021

Donne&Deserti - Clarissa Pinkola Estes

Molto spesso cominciamo in un deserto.

Ci sentiamo deprivate di ogni privilegio, alienate, non connesse neppure a un cactus.
Gli antichi chiamavano il deserto il luogo della rivelazione divina.
Ma per le donne è molto di più.
Un deserto è un luogo in cui la vita è molto condensata.
Le radici di ciò che vive sono aggrappate all'ultima lacrima d'acqua, e il fiore tesaurizza l'umido riapparendo soltanto presto la mattina e nel tardo pomeriggio.
La vita nel deserto è piccola ma brillante e quando accade si svolge perlopiù nel sottosuolo
come la vita di molte donne.
Il deserto non è lussureggiante come una foresta o la giungla, è molto intenso e misterioso nelle sue forme di vita.
Molte di noi hanno vissuto la vita nel deserto: pochissimo in superficie, ed enormemente sotto la terra.
La psiche delle donne può aver trovato la via del deserto per risonanza, per passate crudeltà, o perché non le era concessa una vita più ampia sopra alla terra.
Molto spesso la donna sente allora di vivere in uno spazio vuoto in cui c'è forse soltanto un cactus con un bel fiore rosso vivo, e poi, in ogni direzione, cinquecento chilometri di nulla.
Ma per la donna che si spingerà a cinquecento e uno chilometri c'è qualcosa di più.
Una bella casetta. Una vecchia casa che vi aspetta.
Non fate sciocchezze, tornate indietro e fermatevi accanto a quell'unico fiore rosso, e cercate di percorrere quell'ultimo faticoso chilometro, bussate alla vecchia porta scolorita dalle intemperie, arrampicatevi fino alla caverna, strisciate attraverso la finestra di un sogno

venerdì 15 ottobre 2021

giovedì 14 ottobre 2021

La poesia, secondo Giuseppe Conte e Mariangela Gualtieri


Tanti anni fa, scrivevo che la poesia è una mano tesa nel buio, in attesa che uno sconosciuto la stringa. Oggi non so se ho ancora quella fiducia. La poesia mi appare sempre il canto dell’universo, il punto più alto in cui arriva una civiltà, e nello stesso tempo il più misconosciuto a tradito. I sogni a occhi aperti dei poeti disegnano il mondo, ma poi altri li imbarbariscono e li rovinano. La poesia è energia spirituale che si cala nel linguaggio immettendovi una musica inaudita. Preserva per noi gli antichi dei e tutto ciò che è ancora sacro nel mondo. È irriducibile, ribelle, o almeno io così la amo ora».

Giuseppe Conte


Oggigiorno, qual è (ammesso ne abbia uno) l’incarico della poesia?
Io credo sia proprio in questo parlare un linguaggio d’anima, cioè la sua capacità intrinseca di far sì che subito avvenga una comunicazione ad alta profondità, fra persone che non sanno nulla una dell’altra, addirittura fra appartenenti a secoli differenti. E dunque c’è anche una forza di preveggenza nella poesia, in quella sua capacità di comunicare, di parlare anche dopo secoli e centrare un cuore. La poesia è una magnifica sonda per inabissarsi nelle nostre poco frequentate profondità.

M.Gualtieri

Miriam Bruni traduttrice di Pedro Salinas "Fra il trillo d'uccello e il suono grave d'acqua"

mercoledì 13 ottobre 2021

Due poesie di Gianfranco Ciabatti

 

A un privilegiato

Tu vedi un minor numero di cose,
ma il vederne di meno, è codesto
che consente l’azione.
L’onniscienza impietrisce.
I mondi sono quello che sanno,
il nulla immobile riposa occhiuto
nella sua totalità.
Gli uomini ignorano quello che fanno.
Di se stessa sgomenta, e veggente,
ristà
la disperazione, nutrendo
il grido, non il gesto, di rivolta.


La morte dei poeti

Non la serena facies
riflesso di sapienza rinunziata senza pena,
conclusione in arguzia estenuata dall’assenso,
ironia che rimette la sua resa ai vincitori,
ma sguardo che rotea dall’uno all’altro astante
stupori irriducibili di aliene volontà,
attese mantenute oltre la delusione,
astro di calore collassante dentro il petto,
la testa che crolla sulla spalla di chi amò,
una ciànosi e un rivolo di sangue,
mentre intorno i presenti che intesero capire
non capiscono più niente.

Gianfranco Ciabatti

venerdì 8 ottobre 2021

Azzurra D'agostino - In matematica non sono brava

In matematica non sono brava.

Perdo il conto delle foglie dei rami
e per le stelle ogni volta ricomincio da capo.
Non riesco a misurare il salto delle cavallette
e non so la formula per il perimetro delle nuvole.
Il calcolo di quanta neve sia caduta mi sfugge
e anche di quanta ne possa reggere un filo d’erba.
La somma dei passi per arrivare al mare non mi riesce
e mi chiedo se per il ritorno devo fare una sottrazione.
Ho diviso il numero dei semi per i frutti
il risultato è una nuova foresta e ne avanza qualcuno.
Se moltiplico le giornate di sole per quelle di pioggia
ottengo più di sette stagioni e non so quante settimane.
La matematica mi confonde. Come misura del mondo è strana.
Per quanti conti si facciano qualcosa non torna mai pari.
Due finestre fanno una vista? quattro muri sono una casa?
Noi siamo i nostri centimetri, chili, litri? quanto pesa un segreto?
quanto misura una risata? e l’area del cuore come si calcola?

Azzurra D'agostino

lunedì 4 ottobre 2021

Amedeo Giacomini - C'è in me oggi, nel più fondo

C'è in me oggi, nel più fondo
una pozzanghera ghiacciata
e a disfarla non basta il sale del tuo bene.
Un vento di mille anni è passato su di me
cancellandomi come una strada.
Dovresti andare adesso come cieca
portata dal tuo dolore d'acqua sorgiva
ma resti ferma sulla pietra della fonte
raggricciata dal nulla che semina intorno
la greve mano del mio inverno.

AMEDEO GIACOMINI, 1939-2006

Izet Sarajlic - La cosa più importante

La cosa più importante

quando cominciammo a scrivere
non era tanto creare versi
quanto nei versi riabilitare l’amore.
Dovevamo riabilitare
tutte le parole dell’uomo
perché da coltello fino ad erba
tutte erano macchiate di sangue.
Scrivere una poesia
era la stessa cosa che piantare una betulla
in un parco a venire.
Chi è stato a fare il turno di notte
affinché il cuore del mondo non si fermasse?
Izet Sarajlic

sabato 2 ottobre 2021

Una poesia di Michele Carniel - Impressioni d'ottobre

 IMPRESSIONI D’OTTOBRE

L’abilità del tempo
crea labilità nelle mie ossa,
quanti scricchiolii dovrò ancora sopportare?
Per quanti cristalli dovrò ancora guardare attraverso?
Una mente stanca s’abbandona
a quel che vuole credere,
ho imprigionato tutti i miei sogni
ai vincoli della libertà,
confondendoli con figli mai concepiti.
Lascio alle poche righe di un quotidiano
il mio senso civico
ed alla tanto amata guerra
la perversione di un’intera civiltà,
ma ogni inchiostro si consuma
dovesse anche essere sostituito col sangue.
Nel cortile di fronte
il raggio d’azione di una catena
regola l’esistenza di un cane,
il mio silenzio lo aiuta
a non diventare mai uomo.

Il riso che scuote il ventre (Clarissa Pinkola Estés)

    

   (...se le lacrime aiutano a continuare, la risata è una delle migliori medicine...)

Per ridere bisogna espirare e inspirare in rapida successione.
Sappiamo che con la respirazione profonda sentiamo le nostre emozioni, mentre quando non desideriamo sentire, smettiamo di respirare, tratteniamo il respiro.
Nel riso, la donna può cominciare a respirare davvero, e cominciare quindi a sentire sensazioni non autorizzate.
Ma quali sensazioni?
Non tanto di sollievo, ne di conforto quanto di apertura a lacrime trattenute o a memorie dimenticate, o la rottura delle catene messe alla personalità sensuale .
Il riso che scuote il ventre è una delle migliori medicine che una donna possa ricevere.
Ho sempre pensato che il tè delle signore non sia che un resto di un antico rituale femminile, per stare insieme, e poter parlare con le viscere, dire la verità, ridere a crepapelle, sentirsi rianimate, e poi tornare a casa, dove tutto va meglio.
Di tanto in tanto le donne desiderano vivere in un'atmosfera squisitamente femminile, in solitudine o in compagnia.
È un ciclo femminile naturale.
Certe risate provocate da tutte quelle vecchie storie che le donne si raccontano, quelle storie di donne così incolori da essere completamente insapori... quelle storie rimescolano la libido.
Riattizzano il fuoco dell'interesse per la vita .
Il riso è sacro perché è salutare.
È sensuale perché è eccitante e provoca ondate di piacere.
Il riso si spartisce con se stessi e con tanti altri.
È la sessualità più selvaggia nella donna….
Nell' archetipo della Donna Selvaggia, il sacro e l'irriverente non sono separati ma vivono insieme come, immagino io, un gruppo di vecchissime donne ai bordi della strada in attesa del nostro passaggio
Sono nella vostra psiche, vi attendono per mostrarsi, e intanto si raccontano le loro storie e ridono come pazze.”
Da ‘Donne che corrono coi lupi’

La strada del nostro cuore è coperta d'ombra - Andrej Tarkowsky

La strada del nostro cuore è coperta d'ombra.

Bisogna ascoltare le voci che sembrano inutili, bisogna che dai cervelli occupati dalle lunghe tubature delle fogne e dai muri delle scuole, dagli asfalti e dalle pratiche assistenziali, entri il ronzio degli insetti.
Bisogna riempire gli orecchi e gli occhi di tutti noi, di cose che siano all'inizio di un grande Sogno.
Qualcuno deve gridare che costruiremo le piramidi, non importa se poi non le costruiremo.
Bisogna alimentare il Desiderio.
Dobbiamo tirare l'Anima da tutte le parti come se fosse un lenzuolo dilatabile all'infinito.
Se vogliamo che il mondo vada avanti dobbiamo tenerci per mano.
Tutti gli occhi dell'umanità stanno guardando il burrone dove stiamo tutti precipitando.
La libertà non ci serve se noi non abbiamo il coraggio di guardarci in faccia, di mangiare con noi, di bere con noi, di dormire con noi.
La società deve tornare unita e non così frammentata.
Basterebbe osservare la Natura per capire che la Vita è semplice e che bisogna tornare al punto di prima, in quel punto dove noi abbiamo imboccato la strada sbagliata.

Andrej Tarkowsky - da “Nosthalgia”

venerdì 1 ottobre 2021

Una poesia di Emilia Barbato - Deve esserci


Deve esserci un’ulteriore inversione
nel cromosoma, una frattura
nascosta della catena
in cui nessun enzima riesce a penetrare,
una rottura irreparabile,
un filamento che continua a strapparsi
orientandomi verso l’abbandono,
generando una cisposa
difesa negli occhi,
l’assenza feroce di una risposta,
deve trattarsi
necessariamente di una perdita,
una fuga progressiva
della materia, dei ricordi,
degli sguardi, del tono
caldo della voce.
Dove sei?
padre, uomo,
amico, mentore,
su quale sedia elettrica
ti condannano?
Morirai nuovamente
tu ultimo dei giusti?
Mi lascerai ancora
sola, ansante
a guadare queste acque?
I gorghi freddi
che scherzando battezzammo giorni,
una ressa senza te
mi avvince,
lasciandomi disattesa,
conclusa.

Emilia Barbato