lunedì 1 marzo 2021

Antonia Pozzi, All'amato

 Antonia Pozzi, All'amato

Tu sei tornato in me
come la voce
d’uno che giunge,
ch’empie a un tratto la stanza,
quando è già sera.
Qui c’era
soltanto il peso
delle ore irrigidite
in grigiore di pietra,
il passo lento
dei fossati in pianura
sotto nudi archi di pioppi. C’erano
al termine delle case
le povere strade
di novembre, straziate di solchi…
E c’era questo mio vivere
che ripete ogni giorno
il gesto di una mano di carne
calata giù nel profondo
a chiudere la bocca di Dio.
C’era la sabbia
che giù si rovescia
sull’incendio di Dio.
C’era la falce
che morde
le erbe di Dio.
La pietra
che cade sui cani,
sugli uccelli di Dio.
Allora sei tornato
tu – in me –
come la voce
d’uno che giunge,
che nessuno più attende
perché è già sera.
Sei ritornato in me
come un fedele
stormo di rondini
che riappendon nidi
al tetto oscuro del cuore.
Sei ritornato come uno sciame
d’api che cercano
i loro fiori – e indorano
l’orto nativo.
Ora nell’orto io sento
crescere i nuovi
miei fiori per te. Sento spuntare
sui pascoli, dove
la neve si è sciolta,
gli anemoni gialli
e dal suolo del cielo
le stelle – che a quelli somigliano –
le stelle – dopo che il gelo
del vespro è scomparso
e la notte è la terra feconda –
il monte
primaverile
di Dio.

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