Tempesta sedata
Infuria il mare cieco della prova
quando il vento del dubbio divora
le ultime fibre di luce coi suoi tarli,
i suoi fantasmi, e schiaffeggia
la fragile barca della vita,
sballottata come foglia,
mentre il Cielo tace, lontano.
Nel vortice del lamento si spegne
l'azzardo dell'oltre.
L'acqua toglie il respiro,
e gli occhi sbarrati
cercano l'approdo, persi
a lottare contro la notte.
Ma vana è la foga del remo,
folle l'utopia prometeica di salvare,
di sfuggire alla fine
con la penuria delle sole forze,
così contro il muro di quelle onde
si frangono cadenze d'orgoglio.
Affonda il cuore, preda della paura.
Ma un grido disperato,
quasi un'estrema àncora,
a un tratto lacera il buio e desta
passi di grazia. Parole sorgive,
come un tuono comandano al vento,
dissolto in un sospiro.
In un attimo si placa il caos,
ed è grande bonaccia,
alba nuova iridata.
Ora so, il tuo silenzio era
presenza che non invade
accovacciata ai miei piedi,
attesa del prodigio della mia fede,
voce di giglio annodata al mio fiato.
Eri nel fondo oscuro della tempesta,
come seme nascosto nella terra,
stella regale che guada
il Mar Rosso dell'avversità,
e sospinge più in là.
Con Te è vinta la burrasca,
con Te si passa ad altra riva.
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