venerdì 12 dicembre 2025

Due poesie di Rilke


Sii oltre ogni addio, come se fosse già dietro

di te – come l’inverno che appunto se ne va.

Perché tra i tanti inverni c’è un inverno talmente infinito

che, se il tuo cuore lo sverna, allora sopporta ogni cosa.

Sii sempre morto in Euridice – innalzati cantando

e, nella pura relazione, ridiscendi celebrando!

Qui tra quelli che svaniscono, nel regno del declino,

sii risonante cristallo che già nel suono s’è infranto.

Sii – e insieme sappi la condizione del non-essere,

fondamento interminato della tua interna oscillazione –

che tu possa compierla appieno, quest’unica volta.

Alle risorse già usate, come a quelle oscure e mute

della natura ricolma, alle somme indicibili,

aggiungi con gioia te stesso, pareggia il conto!


****


Un albero si leva – o puro sovrastare!

Come canta Orfeo! – e il grande albero è in ascolto!

E tutto fu silenzio. Ma proprio in quel tacere

avvenne un nuovo inizio, cenno, mutamento.

Irruppero animali dalla quiete, dal chiaro

bosco liberato, da tane e nascondigli

e fu palese: non per astuzia o per timore

erano in sé così raccolti, ma – per l’ascolto.

Ruggito, grido, bramito, allora

parve ben poca cosa ai loro cuori.

E nell’orecchio – che era appena una spelonca,

un anfratto del più oscuro desiderio

con l’entrata dalla porta scardinata –

tu creasti per loro un santuario.

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