lunedì 29 settembre 2025

"Ho spiato l'amore", di Gianluca Emiliani



Ho spiato l’amore
che dormiva beato
con in mano il dolore
e nell’altra il creato.

Con le palpebre assorte,
come gialla ginestra,
fa la guerra alla morte,
ma le tiene la destra.

L’ho spiato nascosto
dietro a mille cautele,
tra dolcezze di mosto
e amarezze di fiele.

Gianluca Emiliani

lunedì 8 settembre 2025

Riccardo Muti, sulla cultura...

Se togliamo ai nostri figli la possibilità di avvicinarsi all’arte, alla poesia, alla bellezza, in una sola parola alla cultura, siamo destinati a un futuro di gente superficiale e pericolosa.

Per questo occorre difendere un settore che non esiste per dare dei profitti, ma per parlare direttamente alla gente.
Sottolineo che un’orchestra sinfonica costa molto, ma molto meno di un giocatore di calcio.
I dittatori hanno sempre cercato di chiudere la bocca agli artisti e agli intellettuali, perché la cultura, nonostante l’imbarbarimento estetico al quale stiamo assistendo, continua a essere l’anima del popolo.
L’Europa ha alle spalle una storia importantissima, sul piano culturale è stata a lungo leader nel mondo.
Ora non può dimenticarlo: per risalire e tornare propositiva, basterebbe che i governi dei vari Paesi togliessero un po’ di denaro alle cose superflue e lo destinassero prima all’educazione, poi all’educazione e quindi all’educazione.

Riccardo Muti

domenica 7 settembre 2025

"Ostrica perlifera", di Margherita Guidacci


 Ph Miriam Bruni


Dio mi ha chiamata ad arricchire il mondo

decretandone il semplice strumento:

basta un opaco granello di sabbia

e intorno il mio dolore iridescente!

Da Neurosuite

Testamento, di M.L. Spaziani

Testamento

Lasciatemi sola con la mia morte. Deve dirmi parole in re minore che non conoscono i vostri dizionari. Parole d'amore ignote anche a Petrarca, dove l'amore è un oro sopraffino inadatto a bracciali per polsi umani.
Io e la mia morte parliamo da vecchie amiche perché dalla nascita l'ho avuta vicina. Siamo state compagne di giochi e di letture e abbiamo accarezzato gli stessi uomini. Come un'aquila ebbra dall'alto dei cieli, solo lei mi svelava le misure umane.
Ora m'insegnerà altre misure che stretta nella gabbia dei sei sensi invano interrogavo sbattendo la testa alle sbarre. È triste lasciare mia figlia e il libro da finire, ma lei mi consola e ridendo mi giura che quanto è da salvare si salverà.

Maria Luisa Spaziani

sabato 6 settembre 2025

Cecília Meireles tradotta da Emilio Capaccio

ÊXTASE

Deixa-te estar embalado no mar noturno
onde se apaga e acende a salvação.
Deixa-te estar na exalação do sonho sem forma:
em redor do horizonte, vigiam meus braços abertos,
e por cima do céu estão pregados meus olhos, guardando-te.
Deixa-te balançar entre a vida e a morte, sem nenhuma saüdade.
Deslisam os planetas, na abundância do tempo que cai.
Nós somos um tênue pólen dos mundos...
Deixa-te estar neste embalo de água geando círculos.
Nem é preciso dormir, para a imaginação desmanchar-se em figuras
ambíguas.
Nem é preciso fazer nada, para se estar na alma de tudo.
Nem é preciso querer mais, que vem de nós um beijo eterno
e afoga a bôca da vontade e os seus pedidos...


Traduzione di Emilio Capaccio

ESTASI
Lasciati cullare nel mare della notte
dove s’accende e si spegne la salvezza.
Lasciati andare nell’esalazione del sogno senza forma:
intorno all’orizzonte, vegliano le mie braccia spalancate,
e sopra il cielo sono inchiodati i miei occhi, a guardia di te.
Lasciati oscillare tra la vita e la morte, senza alcuna nostalgia.
Scivolano i pianeti, nell’abbondanza del tempo che cade.
Siamo un tenue polline dei mondi...
Lasciati permanere in questa culla d’acqua, che gela ai circoli.
Non c’è bisogno neppure di dormire, perché l’immaginazione si sciolga in figure
ambigue.
Non c’è neppure bisogno di fare nulla, per essere nell’anima d’ogni cosa.
Non c’è neppure bisogno di voler altro, perché da noi viene un bacio eterno
che affoga la bocca del desiderio e le sue richieste...


venerdì 5 settembre 2025

Anaide Beiriz tradotta da Emilio Capaccio

Anaíde Beiriz (1905-1930)

NȂO! EU NȂO HEI DE CHORAR

Não! Eu não hei de chorar
tu me conheces bem pouco.
Dizes que procurarás me esquecer
desafio-te que o consigas.
as marcas das minhas carícias não foram feitas pra desaparecer facilmente.
Mil outros lábios que se encrustarem na tua boca,
não arrancarão de lá a lembrança minha.
Apraza-te que eu guarde meus beijos?
Guardá-los-ei, por enquanto...
Advirto-te, porém, que beijos são como vinhos raros
quanto mais velhos, melhor embriagam...
E tu, que fizestes pra mim muito mais desejada
porque tenho que te arrancar do domínio de outra mulher?
Tens medo do meu amor?
O meu amor é impulsivo, é torturante, é estranho, é infernal.
Ouve contudo o que te digo:
hás de experimentá-lo ainda uma vez...
então veremos, quem de nós dois chorará.


Traduzione di Emilio Capaccio

No! io non dovrò piangere
tu mi conosci poco.
Dici che cercherai di dimenticarmi
sfido che ci riuscirai.
I segni delle mie carezze non sono fatti per svanire facilmente.
Mille altre labbra che s’incrosteranno sulla tua bocca,
non strapperanno da lì il mio ricordo.
Vuoi che conservi i miei baci?
Li conserverò per ora ...
Ti avverto, però, che i baci sono come vini rari
più invecchiano, meglio t’ubriacano...
E tu, che mi hai resa molto più desiderata
perché devo strapparti dal dominio di un’altra?
Hai paura del mio amore?
Il mio amore è impulsivo, tormentoso, strano, infernale.
Ascolta però ciò che ti dico:
dovrai sperimentarlo ancora una volta...
allora vedremo chi di noi piangerà.

lunedì 1 settembre 2025

Un brano di Umberto Galimberti sull'intelligenza


"...La mimetizzazione dell’intelligenza è quindi una grande virtù: la virtù degli insegnanti che non sfoggiano tutto il loro sapere, ma solo quello che può essere recepito e nelle forme in cui può essere recepito; la virtù degli psicoanalisti che, pur individuando dopo due sedute di che cosa soffre il paziente, attendono molte sedute affinché il paziente pervenga da sé alla sua verità; la virtù dei genitori che, pur avendo presenti le capacità che i figli potrebbero tradurre in professioni, attendono che i figli le riconoscano da soli, sorreggendo i loro percorsi con piccoli accenni quando i figli sono nella condizione di recepirli; la virtù dei politici che hanno il polso del paese reale e non solo degli obiettivi che vogliono perseguire, indipendentemente dal consenso o dal dissenso opportunamente valutato; ma direi anche la virtù delle veline, alcune delle quali hanno senz’altro significative capacità intellettuali, che però, dato il contesto, non è il caso di esibire in un concorso di bellezza, dove l’attenzione è tutta concentrata sulle misure e le forme del corpo. La mimetizzazione dell’intelligenza è la virtù delle persone veramente intelligenti, che sanno coniugare la verità con la comprensione della verità, per la quale sono disposti a rinunciare all’esibizione di sé per la cura dell’altro e la comprensione delle modalità con cui l’altro può capire quanto si va dicendo. All’intelligenza che sa mimetizzarsi compete quella virtù che possiamo chiamare altruismo, qui inteso non come “buonismo”, ma come percezione di ciò che è altro da me, perché consapevole che gli altri, con le loro obiezioni anche grossolane, possono costituire uno stimolo a un ulteriore ricercare e intendere e trovare. Dimensioni, queste, tutte impedite alle intelligenze narcisistiche che, non percependo nulla dell’altro, del suo livello di comprensione e del valore delle sue obiezioni (che i narcisisti scambiano per attacchi), irrigidiscono la loro intelligenza, facendola diventare sempre più dogmatica, e alla fine arida e fossilizzata, perché non dialogica e non recettiva di quanto gli altri e il mondo hanno ancora da insegnare..."

Umberto Galimberti - "I miti del nostro tempo" -
Cap "La mimetizzazione dell’intelligenza"

Sono radicata dove devo morire, una poesia di Margherita Guidacci


Il mio cuore appartiene

A coloro che lo divoreranno,

E so che stanno venendo.

Ho sobbalzato

Anche per una piuma fluttuante nell'aria,

Non sapendo quale sarà il loro segno.

Credo di udire i loro passi:

La notte e il vento sono pieni di passi.

O forse avranno ali

E piomberanno su me come un falco,

O arderanno dal suolo come fiamma,

O balzeranno dal mio stesso cuore.

Così sto in ascolto.

Non so dove volgermi.

Sono radicata dove devo morire.

Sono un albero marcato di rosso 

Perché l'ascia lo riconosca;

Un albero marcato nel bosco

Che sarà traversato da una strada,

E odo l'ascia che canta

Una canzone di morte intorno a me,

Si avvicina pesante come il passo di un ubriaco,

Il battito di un folle cuore o di un folle tamburo.


Trovo che queste parole nate dall'estro di Margherita Guidacci per esprimere l'angoscia del ricco Epulone della parabola evangelica, possano oggi interpretare invece i sentimenti e i singhiozzi, il costante allarme e l'angoscia di morte che sta soffocando i poveri palestinesi.................


Poesia Guidacci - Foto Bruni


                                                                                            ph Miriam Bruni



All'eterno

Come onde la tua riva tocchiamo;

Ogni istante è confine tra l'incontro e l'addio.

Dal nostro mare in te fuggire, nel nostro mare fuggirti:

Non altro è di noi labili il destino.

Né tregua mai ci è data, anche se amore

Od altra arcana ansia più lontano ci spinse

Sulle tue sabbie, in vista delle torri

Della superba tua città. Ché ancora

Indietro ci trascina il nostro peso

Nel mutevole abisso -

Siamo di nuovo desiderio e lamento.


(da Paglia e polvere)

Il dolore...secondo Isabella Bignozzi

ll dolore è sempre degno, materia candida. Castità ultima di tutti i corpi: proni alla pena, alla piaga, alla sete. Ma le zone d’ombra di ciò che si è patito, dove si ferma il cuore – che weilianamente duole, perché attendeva il bene – vanno taciute. Il male si estingue nell’inazione che potenzia l’interiorità, aggrappati ai propri frammenti d’innocenza.

Fare del cuore un sepolcro del mancato, dove il dolore è lasciato libero di scavare, finché non sia terminato il tripudio del crollo in ogni sua gloria: quello è il punto geometrico, puramente spirituale, che dell’umana bassezza fa dimora inerte, in contemplazione immobile. Senza volere, senza sapere, l’anima arresa, contrita di sé, che non biasima, ma si lascia divaricare dalla sofferenza avuta in sorte, non nutrendo rabbia, non desiderando reciprocità di abuso, in minima parte redime e svincola chiunque altro.

E non rinnega il suo sgomento Gesù, nell’abbandono (Mt 27, 46; Mar 15, 34): dichiara il bisogno. Sitio, ho sete. Continuare a chiedere il bene, senza timore di essere inesauditi, derisi, umiliati. Di fronte al male del mondo: presenza ridanciana, acefala, che strattona i viventi gli uni contro gli altri nel moto meccanico, nella cosa grezza. Chiunque dia la propria materia nobile in pasto alla pochezza, o pratichi la prevaricazione, l’umiliazione: chiunque in tal modo degradi sé stesso degrada ogni suo simile, inchiodando Cristo sulla croce, incessantemente.

Isabella Bignozzi