lunedì 24 febbraio 2025

"Dei poeti"

 
Dei poeti 

non si sa che farsene, lo si dica.
Se non cave 
di articoli presto abbandonate 
e qualche 
sparuta intervista.
A onor di cronaca non mancano 
struggimenti in Do maggiore 
in quella 
speciale ricorrenza 
che è il suicidio d'artista. 
Ma nel quotidiano via-vai 
della rete - Bar del tempo di grandi 
solitarie bevute - 
si è soliti accodarsi 
alle molte dicerie, o talvolta 
condividere in bacheca singole 
fortunate poesie. 
Ma il loro canto, oh, 
lo si percepisce appena 
- Figuriamoci quando arretra 
e sono più soli ancora
sfiancati dalla lotta 
per aprirsi e condonare 
- nonostante le paure

e le mille fitte oscure.


Miriam Bruni


sabato 22 febbraio 2025

Galimberti, sul "tradimento"...

 Se il tradimento non è solo un esercizio di sessualità a bassa definizione, io penso che abbia una sua dignità e soprattutto che non debba essere giudicato da figli adulti che, nel condannarlo, pensano di più alla loro quiete perduta che al percorso anche drammatico in cui chiunque di noi, a un certo punto della sua vita, può venirsi a trovare. Tradire un amore, tradire un amico, tradire un'idea, tradire un partito, tradire persino la patria significa infatti svincolarsi da un'appartenenza e creare uno spazio di identità non protetta da alcun rapporto fiduciario, e quindi in un certo senso più autentica e vera. Nasciamo infatti nella fiducia che qualcuno ci nutra e ci ami, ma possiamo crescere e diventare noi stessi solo se usciamo da questa fiducia, se non ne restiamo prigionieri, se a coloro che per primi ci hanno amato e a tutti quelli che dopo di loro sono venuti, un giorno sappiamo dire: "Non sono come tu mi vuoi". C'è infatti in ogni amore, da quello dei genitori, dei mariti, delle mogli, degli amici, degli amanti a quello delle idee e delle cause che abbiamo sposato, una forma di possesso che arresta la nostra crescita e costringe la nostra identità a costituirsi solo all'interno di quel recinto che è la fedeltà che non dobbiamo tradire. Ma in ogni fedeltà che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c'è troppa infanzia, troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze, troppa incapacità di amare se appena si annuncia un profilo d'ombra. Eppure senza questo profilo d'ombra, quella che puerilmente chiamano "fedeltà" è l'incapacità di abbandonare lidi protetti, di uscire a briglia sciolta e a proprio rischio verso le regioni sconosciute della vita che si offrono solo a quanti sanno dire per davvero "addio". E in ogni addio c'è lo stigma del tradimento e insieme dell'emancipazione. C'è il lato oscuro della fedeltà che però è anche ciò che le conferisce il suo significato e che la rende possibile. Fedeltà e tradimento devono infatti l'una all'altro la densità del loro essere che emancipa non solo il traditore ma anche il tradito, risvegliando l'un l'altro dal loro sonno e dalla loro pigrizia emancipativa impropriamente scambiata per "amore". Gioco di prestigio di parole per confondere le carte e barare al gioco della vita. Il traditore di solito queste cose le sa, meno il tradito che, quando non si rifugia nella vendetta, nel cinismo, nella negazione o nella scelta paranoide, finisce per consegnarsi a quel tradimento di sé che è la svalutazione di se stesso per non essere più amato dall'altro, senza così accorgersi che allora, nel tempo della fedeltà, la sua identità era solo un dono dell'altro. Tradendolo l'altro lo consegna a se stesso, e niente impedisce di dire a tutti coloro che si sentono traditi che forse un giorno hanno scelto chi li avrebbe traditi per poter incontrare se stessi, come un giorno Gesù scelse Giuda per incontrare il suo destino. Sembra infatti che la legge della vita sia scritta più nel segno del tradimento che in quello della fedeltà, forse perché la vita preferisce di più chi ha incontrato se stesso e sa chi davvero è, rispetto a chi ha evitato di farlo per stare rannicchiato in un'area protetta dove il camuffamento dei nomi fa chiamare fedeltà e amore quello che in realtà è insicurezza o addirittura rifiuto di sapere chi davvero si è, per il terrore di incontrare se stessi, un giorno almeno, prima di morire, con il rischio di non essere mai davvero nati.

Umberto Galimberti

giovedì 20 febbraio 2025

Poesie di Lorenzo Pataro



La testa sul cuscino, un sasso nello stagno a sprofondare, nella stanza si propagano i pensieri come cerchi e tu non senti dal tuo regno bianco ovatta la ferita che mi buca la corteccia.



Penso ai morti del paese
a cui non pensa più nessuno.
Gli ingrigiti fiori finti, i fiori secchi,
il gelo che fa tana nelle tombe scoperchiate.
Quanto resta. Cosa resta in una foto
di tutto il mappamondo di un umano.
Una scritta, una data, qualche oggetto.
Cosa resta. Penso a tutti i trapassati
che non lasciano una scia.
Benedico i loro nomi,
percepisco il loro sonno
come un ago, la mia notte
nella cruna della loro.




Allora tu ascolta la preghiera delle foglie ferite dall’inverno, insegnami a chiamare per nome tutti i falchi come fosse un rito antico per il bene, spalanca la tua voce nello spazio tra le fronde, aspetta la stagione che riporta tutti i voli alla quercia originale, insegnami a capire questo trillo che fa eco alla parola e poi la scava qui sul petto. Allora io ritrovo le briciole perdute fra le orme, la casa nascosta dal canneto che raduna gli amori delle allodole, le pietre sul capanno diroccato e la grazia dei germogli in mezzo ai rovi.
I rovi tra la neve troveranno un’altra luce un bastone di pastore a scavare gli anemoni e le bacche marce nella terra a furia di urlare il mio nome si scheggia la tua voce o si affila come la punta di ghiaccio che pende sottile dalla casa diroccata – allora tu dammi un altro luogo in cui inselvatichirmi, una pelle di ghiro mentre dorme nel rifugio fra le travi del pagliaio chiamami col verso dei falchi o delle volpi donami le orme del lupo, gli occhi dei piccoli che cercano la madre e la sua bocca feroce quando afferra il nuovo nato dalle zampe e il sangue che sgorga si fa pietra nel gelo, ossidiana – rovescio del bianco nel bianco.



Ancora ritorna lo sparviero il nibbio a piantare l’urlo nella schiena a percorrere il dolore come un dito che tocca la ferita e la ripara la stagione degli amori ritorna e spalanca i richiami dei tordi nella nebbia se getti il germoglio sul cemento lo ruba la gazza e lo conserva nel nido poi scopre il tuo segreto e smette di brillare ogni preghiera ancora ritorna lo sparviero la poiana caduta a capofitto.




La tua bocca mi bacia ed è nido
in cui covo la ferita, mi aggrappo alla tua voce
che è sottile come un ago, mi arrampico
al tuo petto, percorro tutto il bosco in cui
cresce il tuo respiro, il legno che brucia
e mi disseta, mi dà aria che è buona
per il cuore, gli dà forma, lo contengo
sul palmo della mano, gli faccio
la guardia nottetempo, poi mi perdo
nell’oceano degli occhi, profondi misteriosi
e antichi come il fuoco, la tua bocca
mi bacia ed è il nido da cui volo verso il mare.


Lorenzo Pataro

mercoledì 19 febbraio 2025

I testi che abbinai a mie fotografie per la realizzazione di un calendario artistico

 

La Poesia è anche pittura

dell'invisibile, 
melodia

dell'inudibile, 
danza

dell'indecifrabile.



Miriam Bruni





Sono più che convinta che, in poesia, si possa dire di tutto. A patto di preservare la costitutiva differenza di linguaggio che la caratterizza, che è un linguaggio intensificato, condensato, ritmico, immaginifico.

Giovanna Rosadini Salom



Tanti anni fa, scrivevo che la poesia è una mano tesa nel buio, in attesa che uno sconosciuto la stringa. Oggi non so se ho ancora quella fiducia. La poesia mi appare sempre il canto dell’universo, il punto più alto in cui arriva una civiltà, e nello stesso tempo il più misconosciuto a tradito.

Giuseppe Conte




La poesia sa la ferita. Non la dissimula né la esibisce. Non la nega né la cancella. La dice. E mentre la dice la solleva – trattenendola, immobile, nella propria luce: la muta di stato, la trasfigura nel linguaggio della bellezza. Perciò la ferita, per un attimo, sembra come essersi rimarginata, quasi pare scomparsa. Ma è una illusione. Anche sulla pagina scritta, e fin dentro ogni verso e ogni sillaba, il sangue continua a spargersi e a scorrere a rivoli – lo strazio, ancora, resta non medicato.

Gian Giacomo Amoretti





Il compito del poeta è quasi contrario a chi cerca esclusivamente se stesso. Il poeta va cercando Dio e solo lo incontra nel profondo di tutti gli uomini. E solo è poeta quando conosce ciò che è nell’animo di tutti gli uomini possibili; e lo conosce solo quando li ama immensamente e appassionatamente.

Non c’è cosa che non darei per la Bellezza, che a sua volta è una forma di Dio; la più vicina alla Sua Natura.

Eunice Odio





Le parole della poesia sono sempre remote anche quando ci parlano di qualcosa che è qui, ora, nel tempo del nostro presente: sono remote perché richiedono una forma appartata, una disciplina della distanza, un tempo sospeso – dell’immaginazione e del pensiero – che sia in grado di scolpire verità decisive.

Giancarlo Pontiggia





Il poeta è ponte tra l’Assoluto e il tempo:
non può tradire Iddio parlando,
non può tradire l’uomo tacendo;
il risultato è un’espressione tutta particolare
che non è più discorso umano
e non è ancora Verbo assoluto e silenzioso.

Adriana Zarri




Credo e professo che la poesia sia indefinibile e che essa si manifesti nei momenti della nostra parola quando ciò che ci è più caro, ciò che di più ci ha inquietato e agitato nei nostri sentimenti e nei nostri pensieri, ciò che appartiene più profondamente alla ragione stessa della nostra vita, ci appaia nella sua verità più umana; ma in una vibrazione che sembri superare la forza dell'uomo e che non saprebbe mai essere conquista né di tradizioni né dello studio sebbene delle une e dell'altro essa incessantemente si nutra.

Ungaretti



Io credo sia proprio in questo parlare un linguaggio d’anima, cioè la sua capacità intrinseca di far sì che subito avvenga una comunicazione ad alta profondità, fra persone che non sanno nulla una dell’altra, addirittura fra appartenenti a secoli differenti. E dunque c’è anche una forza di preveggenza nella poesia, in quella sua capacità di comunicare, di parlare anche dopo secoli e centrare un cuore. La poesia è una magnifica sonda per inabissarsi nelle nostre poco frequentate profondità.

Mariangela Gualtieri


sabato 15 febbraio 2025

Una poesia di Anna Maria Carpi: "Io non volevo amare"


Io non volevo amare,
diventare
una piccola istanza ebbra, tenere stoffa
che un uomo tiene in una sola mano
e al primo abbraccio le sgualcisce il cuore.
No, non abbracci
mi figuravo.
Siediti sull’orlo del mio letto,
affetto venuto da lontano,
guardami senza mai stancarti,
come se fuori non fosse
più che neve neve e silenzio
e non si potesse più uscire.

Anna Maria Carpi

giovedì 13 febbraio 2025

Una poesia di Elena Milani: "Le donne per capirle"


                                            Le Donne per capirle
le devi guardare da fuori
ed ancora nulla ci vedi
di così speciale
se non ti siedi nei loro occhi.
La bellezza dei gesti reciproci
passano inosservati,
tanto sono naturali,
fra loro si aggiustano
la spallina scesa del costume,
si intrecciano i capelli,
si affidano sogni segreti,
pianificano piccole fughe e ritorni.
Le Donne fra loro
vivono un perenne spogliatoio
dopo la partita,
si mostrano i muscoli slentati,
l'usura d'esser madre,
sciolgono drappi,
cuciono strappi,
l'ago passa senza profanare,
cantano un pianto a sera
prima di rincasare.

Elena Milani

Una poesia di Giuseppe Salvatore


 Mi sono informato: ti amo.

Hai l'incostanza apparente

del mare 

Spiaggia divento, arenile

Arrivi e m'accarezzi 

Tutto allora diventa più chiaro:

Se ti allontani 

mi manco.


Una poesia di Valentina Ciurleo

                                              

                                                  Le cose sembrano aggiudicarsi un posto. 

                                                              Eppure non cercavo questo

forse un lago 
forse una foresta da perdersi.
Addosso al tuo sguardo.
Come mi hai visto? 
Senza difesa l'emozione.
In balia del vento.

Poesie di Alida Airaghi


Intercettare dio,
il dio della pazienza e del conforto,
il dio che aspetta, e sa, e non ha fretta;
fermo nella potenza,
a sé risorto; visibile
in una chiara, arresa
trasparenza. Così arpionarlo,
con dita scorticate
tremanti, innamorate:
pretesa indifferibile
dopo una vita avara.



 
Noi non sappiamo quale sortiremo
domani, oscuro o lieto;
forse il nostro cammino
a non tocche radure ci addurrà
dove mormori  eterna l'acqua di giovinezza;
o sarà forse un discendere
fino al vallo estremo,
nel buio, perso il ricordo del mattino.
Ancora terre straniere
forse, ci accoglieranno: smarriremo 
la memoria del sole, dalla mente
ci cadrà il tintinnare delle rime.
Oh la favola onde s'esprime
la nostra vita, repente
si cangerà nella cupa storia che non si racconta!
Pur di una cosa ci affidi,
padre, e questa è: che un poco del tuo dono 
sia passato per sempre nelle sillabe
che rechiamo con noi, api ronzanti.
Lontani andremo e serberemo un'eco
della tua voce, come si ricorda
del sole l'erba grigia
nelle corti scurite, tra le case.
E un giorno queste parole senza rumore
che teco educammo, nutrite
di stanchezze e di silenzi,
parranno a un fraterno cuore
sapide di sale greco.


E' della gentilezza che mi innamoro, di Andrew Faber

 
È della gentilezza che mi innamoro
quando si apre in un gesto minuscolo,
quando trema nella voce di chi chiede scusa,
quando si posa lieve sulla stanchezza del mondo
e solleva il peso che nessuno vede.
È della dolcezza che mi innamoro
quando sfiora le parole non dette,
quando ha la voce roca di chi trattiene il pianto,
quando non chiede nulla eppure resta,
come una luce che balugina nell’ombra.
È della bellezza che mi innamoro
quando si lascia trovare nei solchi del viso,
quando attraversa il disordine senza volerlo domare,
quando si fa ferita eppure canta,
quando si posa su ciò che tace e lo rivela,
quando scivola tra le dita del tempo.
È della rabbia che mi innamoro
quando arde senza distruggere,
quando scompiglia l’ordine finto delle cose,
quando apre varchi invece di chiuderli,
quando si scioglie in un abbraccio.
È della fragilità che mi innamoro
quando si espone senza paura di crollare,
quando non cerca riparo ma attraversa il vento,
quando si piega senza spezzarsi,
quando porge dignità anche nel cedimento.
È dell’amore che mi innamoro
quando conosce ogni paura e non si ritrae,
quando sa essere panico e poi respiro,
quando resta anche senza promessa,
quando scalda persino l’ultimo freddo.
È della vita che mi innamoro
quando inciampa senza vergogna,
quando si smarrisce eppure avanza,
quando attraversa il buio senza offendere la luce,
quando pulsa anche nel niente,
quando si sporge sull’orlo del vuoto
e invece di cadere, fiorisce.