martedì 27 agosto 2024

Il Post delle Fragole: Meditare sul nostro cromosoma celeste

Meditare sul nostro cromosoma celeste, di Giuseppe Ferrara


Se volessimo azzardare una “concreta definizione” della poesia (che essendo fatta di “assenza” è pressocché indefinibile) potremmo accostarle il seguente termine: concentrazione. Proprio quello che la poeta Miriam Bruni usa nel titolo di una sua raccolta Concentrati sul cromosoma celeste (Controluna Edizioni, 2022).

Già perché la poesia è di per sé un concentrato a volte ristretto e raffinatissimo di …esperienze, emozioni, sentimenti, riflessioni, suoni, colori, visioni: un vero e proprio Universo da raccogliere in un centro mediante poche parole e tanto - tantissimo- silenzio, quello che il filosofo e musicologo francese di origine russe Vladimir Jankélévitch sosteneva essere l’origine, il mezzo e il fine della musica e della poesia. Estremizzando il ragionamento, la poesia dunque altro non è che un concentrato di silenzi, di cose non dette. Cose che, però, seppur taciute, si fanno sentire e Miriam Bruni ce le fa sicuramente sentire. Nel caso di Miriam, però, si deve parlare non già di una concentrazione intesa nel modo che abbiamo appena definito quanto di un invito , una esortazione alla concentrazione intesa nel suo reale e regale significato di fissare la mente su un oggetto particolare. In ciò avvertiamo che questo esercizio sia un passo preliminare e imprescindibile alla contemplazione e alla meditazione. È il conoscere che cerco./Non l’accumularsi/di piaceri o distrazioni/in piacevoli serate./ Occorre nei prati/nascondersi davvero/se vogliamo che il prato/riveli il suo tesoro./Occorre a lungo in Cielo/lasciarsi seppellire/se del cielo intendiamo/sensatamente parlare./ [da Concentrati sul cromosoma celeste, pg.15] Concentrazione, contemplazione e meditazione sembrano essere le tre fasi della pratica poetica di Miriam Bruni che a questo punto si manifesta con un poiein specifico: una pratica spirituale. Generalmente si pensa che la concentrazione sia un grande esercizio di attenzione ma essa costituisce soltanto il primo passo di una pratica spirituale essendo appunto gli altri , contemplazione e meditazione, veri e propri successivi stadi di avanzamento. Per cui concentrare in (e con) poche parole…tantissimi silenzi; organizzare nell’universo Vuoto (del foglio bianco) un piccolo big bang; fissare la mente sul cromosoma celeste, rappresentano solo il primo passo. L’espansione non può che aprirci tutti alla contemplazione di questo universo e alla inevitabile meditazione (Da dove? Chi? Perché? Quale “verso”?) Quando si raggiunge lo stadio meditativo, non c'è possibilità di vacillare e la fede per la poesia di Miriam diventa stabile. Nella nostra società contemporanea innervata in tutte le manifestazioni da un onnipresente principio di prestazione la poesia di Miriam rappresenta una sorta di balsamo lenitivo che restituisce all’inazione, alla contemplazione e all’ Ascolto un ruolo essenziale per l’esistenza: solo il silenzio permette di tendere l’orecchio al mondo e solo l’ascolto può condurre all’esperienza vera, alla comprensione profonda del nostro cromosoma celeste. A chi mi dice/di alzare la voce/e impormi, rispondo:/”non urlano le creature,/eppure stanno liete./Con quanta luce e buio/ non sapete; se con lana/ o seta, spago grezzo,/insanguinato, io genero/e dal mio stelo stacco/ciò che disvelo e offro./In un’Ostia sottile/ e leggera Lui si cela./E di noi conserva tutto,/il Padre in cui confido,/più di me che talvolta/ li butto - i disegni -/ e distratta giaccio.”

giovedì 8 agosto 2024

Due poesie di N. Vrettakos: "Resisto" e "Sortita"


Resisto


Resisto come gli ulivi della mia patria, duri

come le ossa del prode, ai quali mancano solo

i neri fazzoletti sul capo per somigliare alle nostre madri,

essi che inchiodati saldamente sulla pietra assoluta

non si curano delle tempeste, respirano i fulmini

e ne fanno nelle loro amare

linfe pace e luce.

*


Sortita


Prendo la mia anima e la porto a spasso

se comincia a irrigidirsi il suo sorriso.

E’ lei a dirmelo: mi manca la pioggia,

il sole sui monti o tra le nuvole

e il vento che nasce senza posa nei boschi

tutto profumi e essenze, latte e musica.

Come fosse cervo assetato, la guido

al fluente luminoso seno dell’eternità,

rinnova il sangue-luce dentro di lei e torna

di nuovo alla vita; nel suo sorriso

un fresco accento di immortalità.


Marine (mie) :-P

 








Dalla pregnante poesia di Rilke, IL POETA (!)



Io non ho amata, non ho dimora,
non ho, per vivere, un luogo certo.
E ogni cosa a cui mi dono
diventa ricca e mi spende.





domenica 4 agosto 2024

Una poesia di Meira Delmar tradotta in ITA da Emilio Capaccio

INQUIETUDINE

Meira Delmar (1922-2009)
Trad. E.C.
Attraversare questi campi vagando... vagando
senza alcun destino, alcun affanno...
Non pensare a niente. Non soffrire per niente.
Niente ricordare!
Questo voglio, amore. Al vento dar tutto:
il tuo sorriso bello, i sogni miei, il tuo amore!
Ci son giorni... Ci son giorni in cui come angoscia
è la dolcezza... Spezza il cuore!
Così oggi mi sento. Mi ferisce il miracolo
di questa felicità certa davanti al mar di zaffiro!
Spogliata l’anima di luci ed ombre
vorrebbe partire per nudi campi...
E dimenticar tutto. Le chiare parole
che dicono le tue labbra, mio inquieto sognare ...
Essere per i sentieri “qualcuno che s’allontana”...
e non tornare!
*
INQUIETUD
Ir por esos campos vagando ...vagando
sin destino alguno, sin ningún afán ...
No pensar en nada. No sufrir por nada.
¡Nada recordar!
Eso quiero, amado. Darlo todo al viento:
¡tu sonrisa buena, mis sueños, tu amor!
Hay días ...¡Hay días en que la dulzura
es como la angustia ...¡Rompe el corazón!
Hoy así me siento. ¡Me hiere el milagro
de esta dicha cierta frente al mar zafir!
Despojada el alma de luces y sombras
por campos desnudos quisiera partir ...
Y olvidarlo todo. Las palabras claras
que tus labios dicen, mi inquieto soñar ...
Ser por los caminos “alguien que se aleja”...
¡y no regresar!

Poesie di Antonio Santori



Darti del tu, così.
Non è strano?
Non sono strani anche
i gatti che fuggono,
qui, dentro di me,
e mi dicono: È ora?
Ci sono consigli stupendi,
a volte, negli occhi
dei gatti.
È ora di andare, lo so.
Ma dove? Qui non ci sono
porte.
Andare dove?
Io non sono la morte.





(Si aprirà la tenda di lino,
così come il piano fatale
prevedeva. La tua guancia
sarà il segno del ritiro
del carnevale, indiviso
dal suo strano filare.
Tu sarai nel barlume
della stanza, lieto inquilino)
Io, lo sai, posso solo pensarti
così, mentre fai capolino
dalla maschera bianca,
infernale. Se d’intorno la festa
rinnova il divario, io ti sono
vicina, io ti sono consorte.
Seduta, dondolando la schiena,
a graffiare il rimario.
Io continuo a filare il destino.
Tu lo sai, posso solo arroccare
lo schema, imbastire i miei vicoli
ai tuoi, aggirare il diario.
E pensarti così, mentre fai capolino.

Una poesia di Carmen Naranjo: "Mestiere di svegliarsi"

 

Sempre mi sveglio tardi molto tardi
con una enorme pigrizia
di fare la stessa cosa una volta e un’altra.
Lenta mi sveglio
con fonda rabbia
di scordare il sogno
e raccogliere pezzi
di qualcuno che qualcun altro
chiama con nome lontano.
Mi sveglio fragile
propensa al pianto
magnificando insignificanze
per crescere in diminuzioni
sul desiderio di gattonare.
Oscura mi sveglio
con la mente stanca
con paura in mano e nello sguardo
con un desiderio infinito
che giunga presto la notte
e sia una notte eterna.
Mi sveglio vuota
di parola e pensiero
seminata di silenzi e limitazioni
con la pelle asciutta fatta in briciole
e un sorriso di pietra
nel labirinto della mia storia.
Sono invecchiata senza apprendere
il mestiere di svegliarmi.

Una poesia di Xavier Villaurrutia

DECIME DEL NOSTRO AMORE

Xavier Villaurrutia (1903-1950)
A me stesso proibisco
di rivelare il nostro segreto
dire il tuo nome completo
o scriverlo quando scrivo.
Prigioniero di te, vivo
cercandoti nella caverna
ombrosa della mia agonia.
E quando da solo t’invoco,
sull’oscura pietra tocco
la tua impassibile compagnia.
Se il nostro amore è fatto
di prolungati silenzi
che le nostre labbra serrate
maturano dentro al petto;
e se il cuore sciolto
come granata sanguina
nella sua ombra gelata,
perché dolorosa e affranta,
non spezziamo quest’angoscia
per uscire dal nulla?
Per il timore di volermi
tanto, sì come io ti voglio,
hai preferito, essenzialmente
perdermi per salvarti.
Resta, però, di tal sorte,
muto e inerme il tuo cuore,
e se non mi lascia vedere te
è per non vedere nella mia,
l’immagine della tua agonia:
ché la mia morte è pure la tua.
Ti allontani da me pensando
che mi ferisca la tua presenza
e non sai che la tua assenza
è più dolorosa quando
la solitudine si fa più fonda
e nell’ombroso silenzio,
senza volerlo, mio malgrado,
sento d’eco la tua voce
e nel buco la tua forma ritrovo
che nel vuoto hai lasciato. [...]

Emilio Capaccio
*
DÉCIMAS DE NUESTRO AMOR
A mí mismo me prohibo
revelar nuestro secreto
decir tu nombre completo
o escribirlo cuando escribo.
Prisionero de ti, vivo
buscándote en la sombría
caverna de mi agonía.
Y cuando a solas te invoco,
en la oscura piedra toco
tu impasible compañía.
Si nuestro amor está hecho
de silencios prolongados
que nuestros labios cerrados
maduran dentro del pecho;
y si el corazón deshecho
sangra como la granada
en su sombra congelada,
¿por qué dolorosa y mustia,
no rompemos esta angustia
para salir de la nada?
Por el temor de quererme
tanto como yo te quiero,
has preferido, primero,
para salvarte, perderme.
Pero está mudo e inerme
tu corazón, de tal suerte
que si no me dejas verte
es por no ver en la mía
la imagen de tu agonía:
porque mi muerte es tu muerte.
Te alejas de mí pensando
que me hiere tu presencia,
y no sabes que tu ausencia
es más dolorosa cuando
la soledad se va ahondando,
y en el silencio sombrío,
sin quererlo, a pesar mío,
oigo tu voz en el eco
y hallo tu forma en el hueco
que has dejado en el vacío. [...]

Una poesia di Julia Prilutzky Farny

DICO: SONO STANCA DELLA PIOGGIA

Julia Prilutzky Farny (1912-2002)
Dico: sono stanca della pioggia,
della foschia, della bruma incerta.
Voglio tornare al sole e stare con te
semplicemente, sulla sabbia.
Comincio a odiare il grigio, il fumo mi disturba
e so che la cenere è misera.
Voglio mari d’anile, e non questi fiumi
fatti di fango e miseria.
Sono stanca di portare il lutto
di tutte le tenebre e le nebbie;
Voglio un cielo con nubi a mosaico
e una notte di stelle.
Ah, non aver timore d’essere fiamma:
no, né d’ardere, né di bruciarti in lei.
Tutta la vita è stata un interrogativo
senza eco né risposta,
tutte le ore sono state distanze:
oggi voglio essere, finalmente, una presenza.

Emilio Capaccio
*
YO DIGO: ESTOY CANSADA DE LA LLUVIA
Yo digo: estoy cansada de la lluvia,
de la neblina, de la bruma incierta.
Quiero volver al sol y estar contigo
simplemente, en la arena.
Comienzo a odiar el gris, me estorba el humo
y sé que la ceniza es harapienta.
Quiero mares de añil, y no estos ríos
hechos como de lodo y de miseria.
cansada de llevar el duelo
de todas las penumbras, y las nieblas;
quiero un cielo con nubes en retazos
y una noche de estrellas.
Ah, no sentir temor de ser la llama:
no, ni de arder, ni de quemarse en ella.
Toda la vida fue un interrogante
sin eco ni respuesta,
todas las horas fueron lejanías:
hoy quiero ser por fin, una presencia.