Al di là degli uomini
ai margini del sentiero
c’è la misura di ogni passo…
È sempre la stessa nostalgia,
cambia forma
ma non si disperde
lo stormo di melodie in cielo.
Ho voci nella testa
cerco il silenzio.
Cammino nella foresta sacra
con rare aperture panoramiche
filamenti di sole
tra rare vedute del monastero.
Un pensiero ad altezza di betulla
fino ad arrivare al rifugio antico.
E dopo la strada asfaltata
il passo attraversa la faggeta.
Da qui si procede su un crinale,
poi dietro una parete
di roccia calcarea
illuminata e tagliente
finalmente
vedo il mare.
Non si trattiene più
mi passa dentro
la solitudine del vento.
Amare con coraggio
sospeso nel vuoto
sui rami della luce
dove s’abbatte il vento.
Questa intenzione
coltivo con rabbia
con singole parole
a colloquio con l’azzurro.
Come certi fallimenti
seguo la corrente,
invoco il giusto viaggio
la lucidità dell’acqua.
Nel freddo della steppa
suggerisco l’istante
e scendo nell’ombra
del vostro infuocato tacere.
Mi accade il mondo,
mi avvolge nel sudario.
Scavato fino al pianto
il fiato trema
non canta, attraversa il mare.
Sigilla la mia ombra
e consuma le labbra.
Le onde scagliano la notte
sulla spiaggia,
la sabbia è furibonda.
La pioggia cade dritta,
stride la nuda voce.
Ti accompagna
la scrittura dell’alba
nel viaggio libero da segnalibri
quando dileguano i cieli.
Tuffarti nell’occhio
dove nuotano i morti.
Il tempo non ti ha ingoiato.
D. Ricci
(Dal blog Plenilunio di Emanuela Sica)
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