Non sono la ripetizione dei gesti e delle parole, l'allucinante successione delle stagioni a logorarci, ma la nostra assenza lungo il cammino, la mancata presenza al miracolo continuo.
Bisogna forse essersi sentiti smarriti, a causa di una guerra, di una catastrofe pubblica o privata, di una malattia, d'un esilio, bisogna forse esser stati svezzati dal nutrimento quotidiano, da questo accordo, per capirne il valore?
Sarà questione di natura, di propensione innata per la felicità l'essere qui, ora, il non sprecare nulla?
Nessun commento:
Posta un commento