Ora, io vorrei chiedere a chiunque mi ascolti - aspettando risposta, naturalmente, solo nel cuore: credete davvero che la vita umana sia sempre e solo trionfo sull'altro?
Che per essere contenti della propria vita bisogna aver posato il piede sul capo dell'altro?
Credete che i deboli ‑ paesi o individui ‑ debbano essere eliminati anche se in modo indolore?
Credete che zingari, poveri, pastori di greggi; che poeti, scrittori, preti e maestri non di parte o isolati, che attraversano questa vita lieti come fanciulli e vigili come madri, non servano proprio a nulla, e la vita, la società, lo Stato possano fare a meno di essi?
Credete che tutte le diversità interiori - assolutamente prima delle accidentali diversità fisiche o di comportamento - non siano, insieme alle macchine e a una ordinata produzione, gran parte della ricchezza reale di un paese?
E che un paese non sia tale, non sia un paese, se non a causa della sua lingua e dei suoi pensieri, altrimenti lo vedremmo decadere a massa informe?
Molte, a queste domande, potranno essere le risposte, ma oso pensare che, sostanzialmente, si sia d'accordo.
Un paese, come non deve mancare di corsi d'acqua, di sorgenti, di nuvole, deve avere cura, o consentire la crescita, di anime, coscienze, grazia, linguaggi puri, ombre azzurre, altissime: o perirà.
Si asciugherà il suolo, se mancano acque e foreste; si perderà la nazione, se mancano anime e coscienze.
Se non sarà legittima qualsiasi forma di profondità e di coscienza, il paese più forte perirà.
È stata questa la mia massima esperienza.
Che per essere contenti della propria vita bisogna aver posato il piede sul capo dell'altro?
Credete che i deboli ‑ paesi o individui ‑ debbano essere eliminati anche se in modo indolore?
Credete che zingari, poveri, pastori di greggi; che poeti, scrittori, preti e maestri non di parte o isolati, che attraversano questa vita lieti come fanciulli e vigili come madri, non servano proprio a nulla, e la vita, la società, lo Stato possano fare a meno di essi?
Credete che tutte le diversità interiori - assolutamente prima delle accidentali diversità fisiche o di comportamento - non siano, insieme alle macchine e a una ordinata produzione, gran parte della ricchezza reale di un paese?
E che un paese non sia tale, non sia un paese, se non a causa della sua lingua e dei suoi pensieri, altrimenti lo vedremmo decadere a massa informe?
Molte, a queste domande, potranno essere le risposte, ma oso pensare che, sostanzialmente, si sia d'accordo.
Un paese, come non deve mancare di corsi d'acqua, di sorgenti, di nuvole, deve avere cura, o consentire la crescita, di anime, coscienze, grazia, linguaggi puri, ombre azzurre, altissime: o perirà.
Si asciugherà il suolo, se mancano acque e foreste; si perderà la nazione, se mancano anime e coscienze.
Se non sarà legittima qualsiasi forma di profondità e di coscienza, il paese più forte perirà.
È stata questa la mia massima esperienza.
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