mercoledì 1 luglio 2020

mia NOTA DI LETTURA a "Terra di santi e di perduti in terra" di Serena Vestene

Lavorare su qualcosa dovrebbe essere l'occasione di un approfondimento e di un servizio. Un modo per meglio conoscere questo qualcosa, impastando ad esso elementi ed energie proprie. Ecco la mia noticina al libro dell'amica Serena, di cui già conosco lo stile e la profondità umana. Tra virgolette metterò i termini usati dall'autrice e le pagine dei testi cui faccio riferimento via via.
Di solito non do molta importanza alla copertina, ma questa mi piace proprio: nel tronco dell'albero c'è il tronco dell'Uomo, che tiene in braccio la Donna. Dal fusto si dipartono rami ricciuti e adorni di collane, frutti dell'amore, mi dico, doni a una bellezza riconosciuta e quindi esaltata, festeggiata. È dunque un albero metafisico? L'albero della vita? L'albero della riconciliazione tra maschile e femminile? I suoi rami sembrano tratteggiare quei motivi antichi, damascati...(Avete presente?) I puntini che colorano il disegno trasmettono leggerezza, fiducia, serenità, e ora che ci riguardo mi chiedo se l'uomo con l'aureola non sia il Redentore, quel Cristo che si prende cura dei santi e dei perduti...e non "congeda il meglio dei corpi" (cfr. p.10) ma anzi si abbassa "al mio petto per elevarmi allo stacco del cielo" (cfr. p.12)


La Poesia è forse pittura dell'invisibile, melodia dell'inudibile, danza dell'indecifrabile.


Il "Tautogramma per Santa Lucia" è un testo molto riuscito, da cima a fondo, sia a livello fonico che contenutistico: viene celebrata l'opera e l'incanto di una Santa cui ci rivolgiamo per la luce degli occhi, per le nostre miopie sia fisiche che spirituali. Lucia viene rappresentata come una presenza benigna e premurosa su quelle ansie che strozzano la vista dell'Anima, come una donna che è stata capace di mostrare un "altare" cui possiamo nutrirci, un "aldilà" cui possiamo abbracciarci, un andirivieni angelico sui nostri amori spesso avvizziti e che più non sanno riconoscere e gustare l'adagio del sacro...


In netto contrasto con le descrizioni poetiche dei santi, vi sono in questo libro aspre denunce del mondo contemporaneo, soprattutto quando si fa sopraffare dalla robotica, dall'avidità e dalla massificazione delle coscienze. Vi colgo anche una sorta di sguardo sofferente per tutti questi "uomini e donne dalle tenebre incollate alle tempie e ai piedi e con la testa spappolata di spettri". (p.47) Uno sguardo pietoso e consapevole sulla vita dura e sola dei "senza casa", (p.19) e uno sguardo illuminato e compassionevole verso quei mali corrosivi anzitutto per chi lo omette, il bene, e non sa ribellarsi al regno di quel "Piccolo pidocchio d'odio" che troviamo a pag. 27.


I film sui santi sono sempre di scarsa resa...Credo che questa silloge abbia invece dimostrato come il pathos sincero e l'attenzione allo "spirituale" possano giungere a setacciare e suggerire anche quelle forme e atti interiori che si svolgono "nel segreto" degli animi, attraverso un linguaggio poetico certamente ermetico, a tratti direi "visionario", lampeggiante di brevi immagini e pennellate leggere e veloci - ma comunque incarnate.


Ed ecco che arriviamo alle "chiavi" del regno. Nessuno le possiede, anzi qui sulla terra spesso diamo o subiamo spinte abusanti che non hanno nulla a che vedere con esse (p.45).
Che l'esperienza di santi e dei perduti non sia vana, non ci lasci frustrati, e al "verbo dei morti" non cessino di ribellarsi le nostre "budella": aiutiamoci a credere e a sperare che tra gli "ulivi" del Tempo ci attende la "seta" del Suo sguardo, e la gioia dei piccoli quando giocano sereni...



                                                                                                             Miriam Bruni

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