venerdì 15 novembre 2024

Una poesia di Emanuela Sica: "Plenilunio"

 



Tra il tuo paese e il mio 
c’è un portone…
Separa i ciliegi dai cipressi
i fiori che sbocciano da quelli recisi 
il respiro  dall'assenza
le voci dal silenzio 
il sole dai lumini
il letto morbido dalla pietra 
il canto delle allodole dai gufi. 
Ti ho perso e ti ritrovo nel tempo dei ricordi 
                                           Quando abitavi nel mio paese.                                         
L'estate vestiva di frescura nei tuoi sorrisi.
L'inverno vestiva di tepore nei tuoi abbracci.
Fra il tuo paese e il mio 
c'è un portone.   
I vivi separati dai morti. 
Nel vento rimane il dolore dell'addio 
Come fionda dal cuore bussa al portone 
senza mai trovare  pace.
                                                             E tu non mi apri.                                                                                        


venerdì 18 ottobre 2024

"La sera", di Giovanni Pascoli



Il giorno fu pieno di lampi;

ma ora verranno le stelle,

le tacite stelle. Nei campi

c’è un breve gre gre di ranelle.

Le tremule foglie dei pioppi

trascorre una gioia leggiera.

Nel giorno, che lampi! che scoppi!

Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle

nel cielo sì tenero e vivo.

Là, presso le allegre ranelle,

singhiozza monotono un rivo.

Di tutto quel cupo tumulto,

di tutta quell’aspra bufera,

non resta che un dolce singulto

nell’umida sera.

È, quella infinita tempesta,

finita in un rivo canoro.

Dei fulmini fragili restano

cirri di porpora e d’oro.

O stanco dolore, riposa!

La nube nel giorno più nera

fu quella che vedo più rosa

nell’ultima sera.

Che voli di rondini intorno!

che gridi nell’aria serena!

La fame del povero giorno

prolunga la garrula cena.

La parte, sì piccola, i nidi

nel giorno non l’ebbero intera.

Nè io… e che voli, che gridi,

mia limpida sera!

Don… Don… E mi dicono, Dormi!

mi cantano, Dormi! sussurrano,

Dormi! bisbigliano, Dormi!

là, voci di tenebra azzurra…

Mi sembrano canti di culla,

che fanno ch’io torni com’era…

sentivo mia madre… poi nulla…

sul far della sera.

martedì 27 agosto 2024

Il Post delle Fragole: Meditare sul nostro cromosoma celeste

Meditare sul nostro cromosoma celeste, di Giuseppe Ferrara


Se volessimo azzardare una “concreta definizione” della poesia (che essendo fatta di “assenza” è pressocché indefinibile) potremmo accostarle il seguente termine: concentrazione. Proprio quello che la poeta Miriam Bruni usa nel titolo di una sua raccolta Concentrati sul cromosoma celeste (Controluna Edizioni, 2022).

Già perché la poesia è di per sé un concentrato a volte ristretto e raffinatissimo di …esperienze, emozioni, sentimenti, riflessioni, suoni, colori, visioni: un vero e proprio Universo da raccogliere in un centro mediante poche parole e tanto - tantissimo- silenzio, quello che il filosofo e musicologo francese di origine russe Vladimir Jankélévitch sosteneva essere l’origine, il mezzo e il fine della musica e della poesia. Estremizzando il ragionamento, la poesia dunque altro non è che un concentrato di silenzi, di cose non dette. Cose che, però, seppur taciute, si fanno sentire e Miriam Bruni ce le fa sicuramente sentire. Nel caso di Miriam, però, si deve parlare non già di una concentrazione intesa nel modo che abbiamo appena definito quanto di un invito , una esortazione alla concentrazione intesa nel suo reale e regale significato di fissare la mente su un oggetto particolare. In ciò avvertiamo che questo esercizio sia un passo preliminare e imprescindibile alla contemplazione e alla meditazione. È il conoscere che cerco./Non l’accumularsi/di piaceri o distrazioni/in piacevoli serate./ Occorre nei prati/nascondersi davvero/se vogliamo che il prato/riveli il suo tesoro./Occorre a lungo in Cielo/lasciarsi seppellire/se del cielo intendiamo/sensatamente parlare./ [da Concentrati sul cromosoma celeste, pg.15] Concentrazione, contemplazione e meditazione sembrano essere le tre fasi della pratica poetica di Miriam Bruni che a questo punto si manifesta con un poiein specifico: una pratica spirituale. Generalmente si pensa che la concentrazione sia un grande esercizio di attenzione ma essa costituisce soltanto il primo passo di una pratica spirituale essendo appunto gli altri , contemplazione e meditazione, veri e propri successivi stadi di avanzamento. Per cui concentrare in (e con) poche parole…tantissimi silenzi; organizzare nell’universo Vuoto (del foglio bianco) un piccolo big bang; fissare la mente sul cromosoma celeste, rappresentano solo il primo passo. L’espansione non può che aprirci tutti alla contemplazione di questo universo e alla inevitabile meditazione (Da dove? Chi? Perché? Quale “verso”?) Quando si raggiunge lo stadio meditativo, non c'è possibilità di vacillare e la fede per la poesia di Miriam diventa stabile. Nella nostra società contemporanea innervata in tutte le manifestazioni da un onnipresente principio di prestazione la poesia di Miriam rappresenta una sorta di balsamo lenitivo che restituisce all’inazione, alla contemplazione e all’ Ascolto un ruolo essenziale per l’esistenza: solo il silenzio permette di tendere l’orecchio al mondo e solo l’ascolto può condurre all’esperienza vera, alla comprensione profonda del nostro cromosoma celeste. A chi mi dice/di alzare la voce/e impormi, rispondo:/”non urlano le creature,/eppure stanno liete./Con quanta luce e buio/ non sapete; se con lana/ o seta, spago grezzo,/insanguinato, io genero/e dal mio stelo stacco/ciò che disvelo e offro./In un’Ostia sottile/ e leggera Lui si cela./E di noi conserva tutto,/il Padre in cui confido,/più di me che talvolta/ li butto - i disegni -/ e distratta giaccio.”

giovedì 8 agosto 2024

Due poesie di N. Vrettakos: "Resisto" e "Sortita"


Resisto


Resisto come gli ulivi della mia patria, duri

come le ossa del prode, ai quali mancano solo

i neri fazzoletti sul capo per somigliare alle nostre madri,

essi che inchiodati saldamente sulla pietra assoluta

non si curano delle tempeste, respirano i fulmini

e ne fanno nelle loro amare

linfe pace e luce.

*


Sortita


Prendo la mia anima e la porto a spasso

se comincia a irrigidirsi il suo sorriso.

E’ lei a dirmelo: mi manca la pioggia,

il sole sui monti o tra le nuvole

e il vento che nasce senza posa nei boschi

tutto profumi e essenze, latte e musica.

Come fosse cervo assetato, la guido

al fluente luminoso seno dell’eternità,

rinnova il sangue-luce dentro di lei e torna

di nuovo alla vita; nel suo sorriso

un fresco accento di immortalità.


Marine (mie) :-P