giovedì 3 aprile 2025

Tre poesie di Vladimir Holan

No, non andartene ancora...


No, non andartene ancora, non temere i sussulti,

è l’orso che si apre gli alveari in giardino.

Si placherà. Strozzerò anch’io il discorso

come la fretta dello sperma serpentino

verso la donna nell’Eden.


No, non andartene ancora, non abbassare il tuo velo.

Il metilene dei còlchici è divampato nel prato.

Sei tu sempre, vita, anche quando sostieni:

Anelando aggiungiamo. Ma l’amore

non ha somiglianza...





Cessato è il canto delle sirene


Questa notte nei sogni mi dicevo:

«Amara è la sete e così sbalordita, che beve dal fato

come un fantoccio di stracci gettato da un bambino in un orinale.

Amara è la voluttà, perché ha tutto

in una così urgente vicinanza, che persino il mistero è fuori mano.

Amara è l’arte e così nera, che potrebbe scolorirla

solo sudore di ascelle di donna, se la morte fosse donna.

Amara è la coscienza che si aggrappa alle cose

come l’ottuso rasoio con cui sbarbano i morti.

Amaro è tutto questo – e tuttavia

sarebbe bene scuotersi e vegliare!».


Ma erano gli angeli quadricèfali del carro funebre

che mi portava via al silenziario,

erano gli angeli che io sentivo

bisbigliare per sempre l’uno all’altro:

«Non destarlo, piano, non destarlo!».




L’ultima


L’ultima foglia trema sul platano, perché sa bene

che ciò che non vacilla non è saldo.

Tremo, mio Dio, perché intuisco

che presto morirò e dovrei essere saldo.

Da ogni albero cadrà anche l’ultimissima foglia,

perché esso non è privo di fiducia nella terra.

Da ogni uomo cadrà anche l’ultima finzione,

perché la tavola nell’obitorio è del tutto semplice.

La foglia non deve, Dio mio, supplicarti di nulla,

l’hai fatta crescere e non ha guastato il tuo intento.


Ma io...




Vladimír Holan (Praga 1905 – ivi 1980). Cultore, in un primo tempo, della poesia astratta, spesso indecifrabile (Il ventaglio delirante, 1926), seppe farsi appassionato testimone degli anni tragici della Boemia (Settembre 1938) e limpido cantore della nuova Cecoslovacchia (Gratitudine all’Unione Sovietica, 1945; A te, 1947). Dal 1948 si chiuse in un isolamento totale, immerso nella visionaria e dolorosa meditazione da cui nascono le altre sue opere: Mozartiana (1963); Senza titolo (1963); In progresso (1964); Una notte con Amleto (1964); Trialogo (1964); Il dolore (1965); La morte e il sogno e la parola (1965); Ma c’è la musica (1968); Un gallo a Esculapio (1970); Ovunque è silenzio (1977).



*

Testi selezionati da Una notte con Amleto e altre poesie (trad. di A. M. Ripellino, SE, 2018)


da   https://www.avampostopoesia.com/poeti/vladimir-holan


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