giovedì 4 febbraio 2021

Una poesia di John Milton

Quando considero come la mia luce sia spenta,
prima della metà dei miei giorni, in questo mondo vasto e oscuro,
e che anche un solo talento che la morte nasconda
alloggi in me inutilizzato, per quanto io mi sforzi
di servire il mio Creatore, e presentare
il mio esatto rendiconto, affinché tornando non mi rimproveri,
Dio forse esige un preciso lavoro giornaliero, dato che la luce è negata?
domando scioccamente; ma la Pazienza, per prevenire
quel mormorio, lesta replica: Dio non ha bisogno
del lavoro dell’uomo o dei suoi doni, chi meglio
sopporta il suo mite giogo, quello meglio lo serve, il suo stato
è regale. Migliaia al suo comando s’affrettano
e senza posa percorrono terra e oceano:
lo servono anche quelli che solo stanno e aspettano.
John Milton, trad. Antonio De Salvo


 When I consider how my light is spent

E’re half my days, in this dark world and wide,
And that one Talent which is death to hide,
Lodg’d with me useless, though my Soul more bent
To serve therewith my Maker, and present
My true account, least he returning chide,
Doth God exact day-labour, light deny’d,
I fondly ask; But patience to prevent
That murmur, soon replies, God doth not need
Either man’s work or his own gifts, who best
Bear his milde yoak, they serve him best, his State
Is Kingly. Thousands at his bidding speed
And post o’re Land and Ocean without rest:
They also serve who only stand and waite.
John Milton

Nessun commento:

Posta un commento