La versione di Penelope di Stefania Onidi
Questa tela non vedrà la fine
rimarrà incompiuta. Il telaio è morto.
La vera novità è che non voglio aggiustarlo.
Non aspetterò più notizie dal mare.
Ho sempre ignorato le tue rotte,
non ho mai saputo di Circe o Calipso
ho sempre guardato le mie mani, vuote di te,
e di quel tuo nome sconosciuto ho ricamato
il ricordo.
I miei occhi son più profondi dei tuoi,
hanno sempre saputo guardare oltre e
custodire anche gemme senza valore.
Non ho dèi a cui rivolgermi o da sfidare,
quelli li lascio alla tua alterigia.
Scappo da me;
ma se di Clitemnestra ho il coraggio
non ne invidio la sorte,
e se la mia saggezza si veste d’impazienza,
allora merito un altro nome.
Che ne sa il mare della mia bellezza?
Che ne sapete voi del mio pudore e
della mia astuzia?
Abbandono queste vesti e lascio il dubbio
accarezzarmi la pelle coi suoi raggi affilati,
per sentire il brivido di una vita non scelta.
E tu ora
versami sulle palpebre un dolce sonno.
rimarrà incompiuta. Il telaio è morto.
La vera novità è che non voglio aggiustarlo.
Non aspetterò più notizie dal mare.
Ho sempre ignorato le tue rotte,
non ho mai saputo di Circe o Calipso
ho sempre guardato le mie mani, vuote di te,
e di quel tuo nome sconosciuto ho ricamato
il ricordo.
I miei occhi son più profondi dei tuoi,
hanno sempre saputo guardare oltre e
custodire anche gemme senza valore.
Non ho dèi a cui rivolgermi o da sfidare,
quelli li lascio alla tua alterigia.
Scappo da me;
ma se di Clitemnestra ho il coraggio
non ne invidio la sorte,
e se la mia saggezza si veste d’impazienza,
allora merito un altro nome.
Che ne sa il mare della mia bellezza?
Che ne sapete voi del mio pudore e
della mia astuzia?
Abbandono queste vesti e lascio il dubbio
accarezzarmi la pelle coi suoi raggi affilati,
per sentire il brivido di una vita non scelta.
E tu ora
versami sulle palpebre un dolce sonno.
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